8 marzo: la primadonna del football americano che prende a calci i pregiudizi

Katie Hnida è stata la prima ragazza a giocare in una squadra di uomini nello sport più macho che c'è. Ha subito abusi e violenze, li ha denunciati in un libro ed è diventata un'eroina per chi si batte contro la violenza sulle donne. Senza rinunciare al suo sport

8 marzo: la primadonna del football americano che prende a calci i pregiudizi

Agli uomini non piacciono le donne. Tantomeno se ti entrano nello spogliatoio con la maglietta appiccicata sulla pelle o se si fanno la doccia a due passi da te qualche stanza più in là. Ne sa qualcosa Katie Hnida, trentadue anni, sorriso contagioso e una vocina sottile, quasi da bambina. Quello che colpisce di lei è soprattutto il piedino. Colpisce preciso, da qualunque distanza, da qualsiasi angolazione, dritto tra i pali. Per questo la Colorado University decise di ingaggiarla nella squadra di football americano, per quel piedino preciso, fatato, che nessun uomo in tutta la scuola poteva vantare. Una Cenerentola postmoderna capace di battersi da pari a pari con i maschi contro i maschi nello sport più maschio che c'è. Sembrava una favola invece. «Mi hanno trattato come un pezzo di carne - racconta - Parole pesanti, sguardi di traverso, molestie continue. Per non dire del mister...» Gary Barnett, l'allenatore, nega, però «Katie era una distrazione per la squadra, i compagni la vedevano come uno spettacolo da circo. E poi a dirla tutta come kicker non era un granchè». La sua colpa insomma era di essere una presenza, per così dire, impalpabile. L'hanno cacciato a calci dalla squadra. E si che il kicker nel football è un ruolo delicato. Non c'è contatto fisico, entra calcia e se ne va. Toccarlo è vietato anche in campo.

Hnida è stata la prima donna a giocare in una squadra di uomini. Si è pentita solo della scelta della squadra: «Un inferno sessuale che non si può immaginare». Fino alla violenza: «Ho sempre pensato che lo stupro fosse un tizio che esce di qualche vicolo buio con un coltello, non un tuo compagno di squadra». Ha scritto anche un libro «Still Kicking», che racconta la sua storia nel campus, ma non ha rinunciato a giocare a football. Le sue ultime squadre sono state i Fort Wayne Firehawks, i Colorado Cobras e i Kansas City Mustangs, nonostante un coagulo alla gamba l'abbia fermata per un po'. Il ministro della Giustizia del Colorado decise di non processare nessuno anche per gli altri otto casi di stupri e aggressioni sessuali che coinvolgevano i giocatori di football americano dell'Università del Colorado. Hnida invece, che si è laureata con lode in Psicologia, lavora per associazioni che si occupano di abusi sui bambini e violenza sulle donne, tra cui «The Voices and Faces Project», «The Joyful Heart Foundation» e «Counter Quo». Viaggia attraverso scuole e università per parlare di prevenzione, stalker, aggressioni sessuali. «Sono felice di poter dire che sono sopravvissuta alla violenza sessuale - sorride un po' amara - E che si può se non si resta sole».

L'Otto marzo è soprattutto la sua festa: «Dico a tutte che se hanno un sogno lo devono inseguire sempre. Ci sarà sempre qualcuno che ti dirà che non si può fare, ma se ascolti il cuore il cuore ti guiderà». E un calcio a tutti i pregiudizi.

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