C'è una notevole ipocrisia nelle obiezioni a un condono edilizio, soprattutto quando vengono avanzate in nome dell'ambiente, dato che le agevolazioni fiscali per gli immobili storici e artistici sono state quasi interamente abrogate da Monti con l'introduzione dell'Imu, con gravi rischi per la sua manutenzione. Nessuno nel governo, nell'Udc, nella sinistra e nelle organizzazioni ambientaliste a essa collegate ha alzato un dito di fronte a questo scempio, in cambio del quale l'erario incassa forse un miliardo annuo. La giustificazione è che servivano soldi per abbassare lo spread. Ma il condono edilizio, che è ormai una necessità per sanare il caos fiscale, l'ingorgo di pratiche edilizie e la confusione urbanistica, può renderne molti di più, mettendo ordine.
Il patrimonio immobiliare italiano è stimabile in 10mila miliardi di euro, di cui 6mila delle famiglie e 4mila di imprese, società ed enti. Le unità immobiliari censite sono 60 milioni. Con indagini fotografiche aeree, l'Agenzia del demanio ha trovato 2 milioni di immobili con più unità immobiliari o con ampliamenti abusivi, cioè almeno 6-8 milioni di unità immobiliari abusive. Solo metà è stata sanata fiscalmente... Restano 3-4 milioni di unità immobiliari abusive individuate non sanate. A ciò si devono aggiungere i cambi di destinazione di uso e gli ampliamenti non rilevati, di ardua individuazione dall'aereo. Stimando in 3-4 milioni le unità immobiliari sanabili, si potrebbe recuperare con un condono il 5-6% del valore del patrimonio immobiliare nazionale. Ammesso un condono all'8%, l'introito sarebbe di 28 miliardi una tantum, 22 di reddito lordo annuo, pari a 1,4 punti di Pil e 3-4 di maggiori entrate per imposte e tasse annue. La contrarietà al condono in parte deriva dalla perdita di potere che ciò genera per i Comuni e per le élite dell'urbanistica, in parte dalla concorrenza che ne viene al patrimonio immobiliare ufficiale, in parte da giustizialismo e moralismo denso di ipocrisia.
Una parte degli immobili fantasma scovati dall'Agenzia del territorio è stata messa a catasto usufruendo della sanatoria del 2010, con sconto di sanzioni; un'altra parte è stata accatastata dopo ed è stata sottoposta a sanzioni. Una parte è oggetto di contenzioso, perché la situazione non è chiara e i tribunali amministrativi e fiscali sono ingorgati di cause. Molte volte l'esito dipende da amicizie e status: così, chi non ha ottenuto la sanatoria sono spesso i pesci piccoli del ceto minuto e del ceto medio. Gli immobili abusivi, in teoria, dovrebbero essere abbattuti, ma non lo sono. Non è possibile distruggerli in massa perché i detriti che ne deriverebbero deturperebbero l'ambiente e si creerebbe una marea di senza tetto. Un condono ragionato può restringere l'abbattimento totale o parziale a casi singoli, in cui l'immobile deturpa in modo irrimediabile il paesaggio oppure è costruito su un terreno soggetto a gravi rischi di frane e alluvioni. Gli immobili non sanati esposti a rischio sismico con il condono potrebbero essere ristrutturati. Parte di quelli sugli argini potrebbe essere ricostruita a distanza adeguata.
C'è poi la questione della Campania, in cui il condono del 2003 non è stato applicato dalla Regione, con la giunta Bassolino, con una palese violazione della legge. Gran parte dell'abusivismo della Campania, superiore alla media, dipende da ciò. Il governo si oppose a tale comportamento e la Corte Costituzionale gli diede ragione. Ma i termini del condono, nel frattempo, erano scaduti. In Senato, un emendamento del Pdl per riaprire i termini è stato bocciato per un voto.
Si può considerare giusto, equo, efficiente questo caos giuridico, fiscale, urbanistico? La Lega Nord si dice contraria ai condono, ma ne ha approvato uno quando è stata varata la cedolare secca sugli affitti di abitazioni, in cui è consentita la sanatoria degli affitti in nero. Ciò per fare emergere questo patrimonio edilizio, con vantaggi per la legalità, per il fisco e per i cittadini.Appunto, per queste quattro ragioni, il condono edilizio, oramai, è una stringente necessità.
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