I mercati tifano per il governissimo

L'allarme degli analisti: "senza una grande coalizione l'Italia rischia di dovere chiedere aiuto alla Bce"

I mercati tifano per il governissimo

Governissimo, grosse koalition, governo delle larghe intese, grande ammucchiata: declinatela un po' come vi pare, ma tanto l'opzione è sempre la stessa, l'unica su cui gli economisti puntano per liberare l'Italia dalla camicia di forza dell'ingovernabilità, il solo grimaldello capace di forzare i partiti ad abbandonare il porcellum a vantaggio di una nuova legge elettorale. Meglio una strana alleanza, un rassemblement forzoso da separati in casa, piuttosto che una paralisi istituzionale capace di incendiare gli spread e di costringere il Paese a richiedere il soccorso della Bce.
Una scommessa collettiva, fatta prima della conferenza stampa del leader del Pd, Pier Luigi Bersani, che esclude invece un eventuale ritorno alle urne a breve. Un'ipotesi non pervenuta forse per il sinistro precedente rappresentato dalla Grecia, costretta a un doppio turno elettorale ravvicinato perché tenuta in ostaggio da una tranche di aiuti. Se l'idea della coalizione allargata è ampiamente condivisa, sulla sua composizione non c'è identità di vedute. Un blocco Pd-Pdl è il più accreditato, ma non si esclude la presenza nella squadra di governo di Mario Monti, oppure quella di Beppe Grillo. Sarà lui l'alleato di Bersani, secondo il pronostico di Bofa-Merrill Lynch. Valutazioni non condivise da Mediobanca Securities, in un report, dove si fa notare come sia «altamente inverosimile» che il leader del M5S «possa andare contro il suo dogma, che è attaccare i partiti tradizionali, per associarsi con loro al governo». Poco probabile un coinvolgimento dell'ex comico genovese anche per Marco Valli, capo economista di Unicredit, che considera più probabile lo scenario in cui Bersani ottiene un «supporto ampio e bipartisan» per rendere possibile un programma limitato di misure: riforma delle legge elettorale, taglio dei costi della politica e una breve lista di misure economiche, tra cui la possibile vendita di asset statali. Su un governo delle larghe intese punta anche Barclays. Del resto, l'Italia non può permettersi una fase prolungata di instabilità politica, pena un'accentuazione delle tensioni sui mercati tale da «rendere necessaria l'attivazione dello scudo anti-spread» da parte di Mario Draghi in cambio di una sostanziale perdita di sovranità nazionale. Un «voto» alla grande alleanza arriva anche dal Credit Suisse. L'istituto elvetico fa tuttavia osservare che, come nel 2006, è difficile prevedere una tenuta per l'intera legislatura di una partnership di questo tipo. È invece accolta con scetticismo un'alleanza Bersani-Grillo, nonostante la convergenza su alcuni provvedimenti specifici. Fiche sul governissimo anche da parte degli esperti di Ig Market e Santander, che ricordano le precedenti esperienze tedesche del 1967 e del 2005. Citigroup mette le mani avanti: possibile un'intesa ad ampio spettro, così come la sola sinistra+Grillo, ma «tutte le opzioni presentano grandi difficoltà».

In serata S&P ha poi avvertito che il rating del debito italiano non sarà «immediatamente» influenzato dall'esito elettorale, ma saranno le scelte politiche che farà il prossimo governo a determinare il giudizio. In tutti i casi il risanamento non dovrà deviare dall'attuale cammino anche se il nuovo governo potrebbe non avere un mandato forte per le riforme necessarie.

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