Squadra dei sogni senza politici: radical chic e doppi cognomi

Per la formazione il metodo Grasso-Boldrini: il leader strizza l'occhio ai grillini con una lista vip e "amici di"

Squadra dei sogni senza politici: radical chic e doppi cognomi

Sobrio, innovativo e aperto: così Pier Luigi Bersani aggettiva il suo governo, convinto che, presentando un esecutivo che piace alla gente che piace, il monolite grillino si sgretolerà e gli voterà entusiasta la fiducia. Siamo nella Terza repubblica e la neopolitica abbracciata con entusiasmo dal Pd dopo la sconfitta elettorale ha cessato di essere confronto di idee e di programmi per diventare invece un talent show, un vernissage ecosostenibile dove l'unica cosa che conta è apparire. In un certo modo, naturalmente.
E dunque contrordine compagni: l'organigramma preparato è finito in soffitta, giovani turchi e vecchi oligarchi sono costretti al passo indietro, decenni di onorata carriera nelle istituzioni non valgono un'apparizione da Gad Lerner. Bisognerebbe riflettere su questa capitolazione improvvisa, su questa resa senza condizioni al «nuovo che avanza» da parte di un partito che del primato della politica ha fatto per novant'anni la sua bandiera. I politici, per il Pd, sono oggi diventati impresentabili. È sufficiente essere stati in Parlamento per finire nel campo di concentramento virtuale in cui Bersani ha deciso di rinchiudere tutti i dirigenti del suo partito, a parte se stesso, naturalmente.
È il metodo Boldrini-Grasso, sperimentato al secondo giorno di legislatura e destinato a fare scuola: mai in nessun Parlamento del mondo sono stati indicati come presidenti due onorevoli appena eletti, che in vita loro non hanno mai fatto politica, che non sono mai stati iscritti a un partito e che non hanno mai neppure diretto un'assemblea di condominio.
Rottamati Franceschini e Finocchiaro, ora tocca a tutti gli altri. Nei nomi che circolano per il governo Bersani di politici non c'è traccia. Il dream team cui sta pensando è una straordinaria rassegna del politicamente corretto, un monumento alla cultura radical chic che ha prima infestato e poi devastato la sinistra, un peana senza riserve al fighettume che da trent'anni s'impanca a cattedra (obbligatoria) di morale e di civismo. È il governo degli ottimati, anzi degli ottimissimi, dove la politica è sempre sporca e cattiva e il potere, invece, si eredita per appartenenza castale, per frequentazioni esclusive, per cooptazione. Nel nuovo mondo di Bersani non ci sono più i figli dei benzinai, ma soltanto i doppi cognomi e le riviste à la page, gli intellettuali annoiati e i missionari del pauperismo con la pancia altrui.
L'album di figurine si apre, idealmente, con Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte Costituzionale, editorialista di Repubblica e teorico di un curioso «diritto sostanziale» che, in spregio a tre secoli di cultura liberale, dovrebbe affiancarsi e correggere il diritto formale, più o meno come nei Tribunali del popolo. A lui la poltrona della Giustizia, o magari la presidenza della Repubblica. Per l'Istruzione Bersani vorrebbe il fido Miguel Gotor, storico all'università di Torino e geniale stratega della più noiosa campagna elettorale di sempre, oppure l'archeologo e storico dell'arte Salvatore Settis, già comparso nella lista suggerita per tempo da Michele Santoro e molto gradito, si dice, ai grillini; per l'Agricoltura circola il nome di Carlin Petrini, il creatore di Slow Food.


Poi, a scendere, i fighetti a tempo pieno: Oscar Farinetti, la cui genialità di imprenditore (è l'inventore di Eataly, che sta aprendo meganegozi alimentari in mezzo mondo) è inversamente proporzionale all'acume dei suoi interventi su La7; Milena Gabanelli, manganellatrice televisiva di professione con Report; il prezzemolino Roberto Saviano, che già doveva guidare la lista di Repubblica alle elezioni e non vuole rassegnarsi all'umile lavoro di scrittore; l'algida professoressa Michela Marzano che, recita la sua biografia, «si occupa di filosofia morale e politica e, in particolar modo, del posto che occupa al giorno d'oggi l'essere umano, in quanto essere carnale»; l'elegantissima Ilaria Borletti Buitoni, nipote del fondatore della Rinascente e moglie del signor Buitoni, fino a ieri presidente del Fai e membro del Consiglio superiore di Bankitalia, oggi eletta nella lista Monti. Più che un «governo civico» sembra un Rotary. Varrebbe la pena vederlo nascere soltanto per gustarsi il racconto della prima riunione a Palazzo Chigi.

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