Non ci restano che sei vie d'uscita

Com'era previsto nella liturgia profana, Pieragnello Bersani è stato sgozzato. A un mese dalle elezioni, come preannunciato, brancoliamo nel buio

Com'era previsto nella liturgia profana, Pieragnello Bersani è stato sgozzato. A un mese dalle elezioni, come preannunciato, brancoliamo nel buio. Da Natale a Pasqua abbiamo vissuto quattro mesi inutili dopo un anno dannoso di tecnici e svariati anni di declino. Si sapeva che con quella legge elettorale non avremmo cavato un ragno dal buco e si sa che se torniamo a votare così sarà idem con patate. Ma ci stiamo andando lo stesso. Di buono in questi mesi abbiamo solo le sconfitte: il tracollo di Fini e di Casini, di Ingroia e Di Pietro, di Monti e i tecnici e il flop di Bersani.

Ma il disastro di alcuni generali non cancella il Disastro Generale. Ha fallito la politica, poi l'antipolitica coi tecnici, poi ancora la politica, mentre affonda tra gli insulti l'Italia incipriata. Ci resta Napolitano con le valigie fuori di casa e qualcuno vorrebbe commutare la presidenza in fermo per non farlo scappare dal Quirinale. Ora le soluzioni sul tappeto sono le seguenti: 1) l'Italia si scioglie e ciascuno si prende il suo.

Però l'Italia resta su facebook; 2) si instaura una dittatura a scelta, arabo-grillina, sudamericano-pauperista o europea-bancaria; 3) si dichiara guerra all'India, così ci ricompattiamo; 4) si dichiara Napolitano monumento nazionale col vincolo della sovrintendenza e lo si nomina presidente a vita con l'interim di Palazzo Chigi; 5) si vota a oltranza, come ai calci di rigore e la roulette russa; 6) si forma un governo istituzionale di salvezza nazionale, come dico da tempo. Scegliete voi quale vi sembra più realistica.

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