Toglietegli tutto, ma non il suo tetto

Gli italiani, popolo casalingo per eccellenza, che tutto ha investito sulla casa, intesa come affetti e solidità, cioè familismo immobiliare, il popolo più proprietario di case al mondo, si vede strappato dal suo bene principale, la sua Tana

Uno si costruisce la casa con le sue mani, ci mette tutti i suoi risparmi, il sangue e il sudore, è l'impresa della vita sua. Poi ci va ad abitare con la sua famiglia, i suoi affetti, le sue cose più care. Poi perde il lavoro, non lo prende più nessuno come manovale, troppo vecchio. Non ha più soldi, non riesce a mantenere agli studi sua figlia. Per un debito di diecimila euro, dico diecimila, con una banca, lo sfrattano da casa sua, sua fin dentro le fondamenta, e l'aggiudicano a uno che si chiama, vedi caso, Sciagura. Gli tolgono le chiavi, lui è disperato, si sente uscire pazzo, però non uccide nessuno, alla fine si dà fuoco in mezzo ai suoi cari.

La storia di Giovanni Guarascio da Vittoria è la drammatizzazione, come ne li cunti siculi, della tragedia di un popolo: la perdita della Casa. Gli italiani, popolo casalingo per eccellenza, che tutto ha investito sulla casa, intesa come affetti e solidità, cioè familismo immobiliare, il popolo più proprietario di case al mondo, si vede strappato dal suo bene principale, la sua Tana. Tasse sulla casa, ipoteche, pignoramenti e sfratti, crollano le vendite ma vendi casa per pagare i debiti o per offrire quel capitale alla speculazione finanziaria... Piovono bombe sulle case. Cioè sulla famiglia, architrave d'Italia.

Perciò Giovanni il muratore ci tocca il cuore: sacrifica la vita sua al bene più sacro e più tangibile, il Punto Fermo.

Non puoi togliere a un uomo casa e lavoro, minargli la famiglia e pretendere che lui dica: che ci vuoi fare, è il trend globale, così va il mercato.

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