Se anche il Pdl si piega alla retorica anti Ogm

Il ministro De Girolamo plaude al divieto di modifiche genetiche in agricoltura. Così si rinnega la tradizionale posizione del centrodestra. E si fa un errore storico

Se anche il Pdl si piega alla retorica anti Ogm

Il ministro delle Politiche agricole Nunzia De Girolamo gongola. Considera un successo del governo, e suo personale, l'approvazione all'unanimità della mozione al Senato che vieta la produzione e la sperimentazione in campo degli Organismi geneticamente modificati (Ogm) in agricoltura. È questo infatti il senso dell'approvazione della clausola di salvaguardia, che dà diritto al singolo Paese della Ue di vietare la coltivazione di colture transgeniche sul proprio territorio per motivi di tutela della salute e dell'ambiente. Non è ancora l'ultima parola - l'avvio della procedura spetta infatti al ministro della Salute - ma l'indirizzo politico è chiaro, visto che anche il centrodestra ha votato all'unanimità una mozione figlia dell'ideologia di sinistra. Non a caso a gongolare con il ministro De Girolamo ieri era Mario Capanna che, smessi i panni del rivoluzionario di strada, ha deciso di puntare su una più remunerativa «rivoluzione di campo», con la sua Fondazione diritti genetici che già si vanta di aver fatto bruciare nel Lazio - via tribunale - terreni coltivati sperimentalmente con Ogm. È la versione moderna della caccia alle streghe.

Eppure, sarà per suggellare quest'atmosfera da «teniamoci stretti» al governissimo o sarà per ignoranza dei nuovi arrivati, fatto sta che il centrodestra - o almeno la sua parte maggioritaria - ha rinnegato nell'occasione la sua tradizionale posizione in materia, che è di apertura alle biotecnologie in agricoltura. Sarebbe da chiedersi che senso ha per il Pdl chiedere dei ministeri se poi ci vanno per copiare il programma della sinistra: tanto vale usare l'originale. Addirittura sconcertante è poi il ministro De Girolamo, convinta che «l'agricoltura italiana non abbia bisogno degli Ogm». «Credo invece - ha detto il ministro - che ci dobbiamo confrontare con le eccellenze offerte dal nostro Paese e che danno lustro al made in Italy».

Peccato che l'Ogm è l'unico modo per salvare il «made in Italy». Le coltivazioni tipiche non hanno alcuna speranza di sopravvivere alle condizioni attuali, sia per gli attacchi di funghi e parassiti sia per gli alti costi che le rendono non competitive. L'esempio tipico è il pomodoro San Marzano, prelibatezza per i condimenti di pasta e pizza, e ormai praticamente scomparso, visto che rappresenta meno dell'1% della produzione di pomodori in Campania: costituiva il 20% prima che un virus lo distruggesse. Pensare che già alla fine degli anni '90 era stato sperimentato in campo un San Marzano ogm che resisteva al virus: si sarebbe potuto salvare un'eccellenza italiana, invece nel 1999 è arrivato il divieto di coltivazione e addio «made in Italy».

La stessa cosa vale per altri prodotti tipici. Prendiamo il riso Carnaroli, il più pregiato dei risi italiani: il 25% del raccolto va perduto a causa di un fungo che attacca foglie e pannocchia, basterebbe inserire un gene resistente al fungo per garantire un aumento di produttività, essenziale per mantenere dei prezzi competitivi, a meno che non si voglia riservare le «eccellenze» italiane a pochi privilegiati disponibili a sborsare cifre improponibili per gustare prodotti ormai vicini all'estinzione.

Ma la convinzione della De Girolamo si basa anche sull'errato presupposto che esistano dei prodotti agricoli che si sono tramandati incontaminati da secoli.

Niente di più lontano dalla realtà: non esiste alcun prodotto coltivato - dal grano al riso, dalle carote alle cipolle - che non sia il risultato di mutamenti genetici avvenuti spontaneamente o per intervento umano attraverso la selezione dei semi o con gli incroci. Ma ammettiamolo: spiegare queste cose a chi ha scoperto l'agricoltura da pochi giorni non è un compito facile.

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