Non è mica vero che il sesso virtuale sia nato con lo smartphone o i suoi parenti stretti, dal video al tablet. E non è affatto vero che il sexting, ovvero il sesso a distanza tramite messaggio, sia stato lanciato dal candidato sindaco di New Pork, Anthony Weiner. Conobbi nell'infanzia, quando non esistevano ancora pc e telefonini, grandi amatori virtuali e campioni assidui del sexting. Tanti, al mio paese, passavano le serate dietro alle ragazze. Non era un modo di dire, andavano dietro per ore, si appostavano, le aspettavano quando entravano in negozio o dalla zia (da noi si diceva curiosamente «è sopra a nonna»,« è dentro a zia», per dire che era su dalla nonna o nella casa di sua zia). Poi, quando le prede uscivano, si rimettevano dietro a distanza di sicurezza. Senza far nulla, ma si sentivano fidanzati a distanza, tele-sposi per silenzio-assenso e assiduità stradale. A volte c'era il consenso tacito della ragazza o il suo timore di perdere la verginità per accanimento pedonale. I più impertinenti sussurravano al passaggio messaggi osé o allusivi, languidi, indecifrabili. L'eccitazione virtuale si faceva deflorazione virtuale. Non c'era differenza tra coito e cogito, era tutta una cosa mentale.
Gli uomini di mondo, additando una ragazza conosciuta a una festa dicevano con occhio scafato e vissuto, «quella la tengo ballata» ed era come se l'avessero posseduta. Era tutto un sesso virtuale, allora. Lo smartphone ha solo dato un mezzo nuovo a un uso antico. L'allupato cambia il pelo ma non il vizio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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