Dopo vent'anni giusti di prigionia nel ventre della Balena, Federico Fellini è fuggito ai gendarmi della morte ed è tornato vivo e giocoso. In questi giorni lo abbiamo visto al cinema in un tenero amarcord di Ettore Scola e in un gustoso libro di Gianfranco Angelucci. Fellini vide il mondo con gli occhi incantati di un bambino, le sue trasgressioni erano monellerie, le sue bugie e i suoi sogni erano puerili caricature della vita, del sesso, della morte. Della storia Fellini amò i punti di fuga, divagò anche in politica. Del mondo Fellini colse l'evanescenza, fra figure che scolorano in un fumoso interregno tra i vivi e i morti. Fellini fu metafisico d'infanzia.
Alla fine degli anni Ottanta mi illusi di essere uno spettatore speciale di Fellini. Lavoravo in Rai in via del Babuino e le finestre sbirciavano la sua terrazza. Lo vidi una volta con una vestaglia assurda e sognai di spiare la sua vita segreta. Immaginavo che avesse in casa pareti magiche e armadi a doppio fondo che apriva quando non c'era nessuno, e di lì veniva fuori la giostra, i giochi, le fatine e le pupone con le tettone gonfiabili. Sospettavo che avesse in casa felini esotici, vitelloni tonnati, serpenti luminosi e giraffe piegate in salotto obtorto collo.
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