Bentornato al Baffino mannaro

Ho un'irrefrenabile simpatia per Massimo D'Alema, soprattutto quando gli cadono i freni inibitori e dà luogo a tutto il suo sprezzante sarcasmo

Ho un'irrefrenabile simpatia per Massimo D'Alema, soprattutto quando gli cadono i freni inibitori e dà luogo a tutto il suo sprezzante sarcasmo.

Quando lo vidi nel ruolo di Conte Zio che accoglieva il nipote fiorentino Matteo Renzi, era visibilmente a disagio, non sembrava lui, ma la zia Walter, al secolo Veltroni. Era contronatura quell'unione e anche Renzi ne soffriva, si sentiva prigioniero politico e implorava aiuto con gli occhi per il soffocante e insperato abbraccio del Massimo Rottame. E lo Zio gli sorrideva con sadico compiacimento quasi a dire alle telecamere: vedete come li riduco gli insorti rottamatori senza mandar loro i carri armati, con la sola potenza del pensiero?

Ma poi è andata di giorno in giorno degenerando, D'Alema non è riuscito a tenersi il cece in bocca, Renzi ha sbottato liberandosi dal bavaglino, e alla fine Max è uscito in tutto il suo splendore: ignorante, superficiale, circondato da potenti e palafrenieri, alleato dei rottami più contorno di Briatore e de Benedetti... Uno spettacolo. Vedevi D'Alema ormai più bianco di Babbo Natale che riconquistava lo smalto dei capelli corvini. Eccolo, il vero Massimo, Principe delle Tenebre, l'Antipatico...

Vero è che D'Alema, pur con tutti i suoi marchiani errori, torreggia sugli altri ex-comunisti e pensò che per governare il

Paese dovesse somigliare a Craxi più che farsi ossessionare da Berlusconi. Ma lui si rese impopolare pure a sinistra. E la sinistra non riuscì a partorire niente. Da quel niente sbucò Renzi, nato da una gravidanza isterica.

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