Non è una novità che la politica abbia nauseato gli italiani, al punto che almeno il 40 per cento di essi o ha sposato l'antipolitica o rifiuta di votare, ingrossando le file degli astensionisti. Non c'era quindi bisogno che Michele Santoro mandasse in onda, durante il suo programma di successo, Servizio pubblico, l'intervista a un anonimo signore, addirittura incappucciato, il quale ha dichiarato urbi et orbi che gli piacerebbe un sacco sparare a qualche personaggio di spicco, per esempio Daniela Santanchè, e magari anche Barbara D'Urso, per il semplice (e secondo lui valido) motivo che le odia. Peggio: le considera responsabili di varie disgrazie nazionali.
La pistola come mezzo per fare giustizia. L'omicidio finalizzato a ripulire il Paese dalle schifezze che lo insozzano. Il minaccioso individuo privo di volto e di identità è stato il protagonista della serata televisiva santoriana. Gli sono stati dati udienza e spazio affinché manifestasse non solo sentimenti di rancore nei confronti delle due donne, ma anche il proposito lucidamente espresso di farle fuori per il bene dell'umanità. Una cosa simile non era mai successa. Non si era mai visto sul video - neanche ai tempi delle Brigate rosse, che praticavano l'assassinio per dovere morale e ideologico - un uomo che, senza fare una piega né tradire emozione, enunciasse di voler far secche due signore ree di stargli sulle scatole.
Ci si domanda se sia lecito che un conduttore si presti a fare da cassa di risonanza a un pazzo delirante e assetato di sangue. A noi, che pure non siamo mammole, pare di no. Siamo sicuri che se ci fossimo presi una licenza del genere, a quest'ora avremmo già ricevuto un avviso di garanzia e l'Ordine dei giornalisti avrebbe avviato procedimenti disciplinari. Per molto meno siamo stati accusati di essere la «macchina del fango». Qualcuno si è perfino rammaricato del fatto che non siamo stati sbattuti in galera.
Intendiamoci, non desideriamo che Santoro sia gettato sulla graticola della giustizia per aver commesso quella che bonariamente definiremmo una leggerezza. Ci limitiamo a osservare con stupore come nessuno - e sottolineo nessuno - abbia commentato l'episodio nel modo che meritava, ossia con parole dure, censurando la spettacolarizzazione di un progettato doppio omicidio.
Siamo basiti. Possibile che le coscienze degli addetti all'informazione siano talmente inquinate da non avvertire la necessità di deplorare una trasmissione tv che diffonde un discorso dissennato e teso a propagandare la violenza quale strumento di lotta politica? Ripetiamo. Non sollecitiamo processi di alcun tipo. Il bavaglio alla stampa e alla libertà di pensiero - anche il più turpe - ci fa orrore. Ma che un aspirante assassino goda della facoltà di occupare i teleschermi per raccontare, a milioni di cittadini, come qualmente sia opportuno togliere la vita a Daniela Santanchè e a Barbara D'Urso, allo scopo di risolvere i problemi degli italiani, be', questo è davvero troppo.
Non serve la censura; si richiede solo un freno, un pizzico di senso comune.
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