Un Paese di meteo-frignoni

La tempesta di Natale scuote l'Europa, ma solo gli italiani si lagnano

Un Paese di meteo-frignoni

La cosiddetta «tempesta di Natale» (vento, neve e acqua a secchiate, conseguenza di un vortice ciclonico in Scozia) si è abbattuta con particolare violenza sul Nord Europa, provocando disastri, mentre ha quasi risparmiato l'Italia, se si esclude la Liguria dove, tuttavia, non si sono registrati danni irreparabili. Una volta tanto le calamità naturali, contro le quali è difficile difendersi in tutto il mondo e che, pertanto, vanno sopportate con santa rassegnazione, ci hanno graziato. Per fortuna. Se anche dalle nostre parti fosse accaduto ciò che ha scosso la Gran Bretagna (5 morti, migliaia di famiglie senza energia elettrica, chiuso un aeroporto vicino a Londra) e la Francia (una vittima, auto e case sommerse dalla pioggia incessante), oggi saremmo qui a smoccolare non contro Giove Pluvio, al quale ovviamente non diamo peso, ma contro il Governo, le Regioni, le Province e i Comuni. Qualsiasi disgrazia, secondo la nostra mentalità, ha un colpevole. Lo cerchiamo a ogni costo specialmente se non c'è perché non può esserci: per esempio, in caso di allagamenti dovuti a eccesso di precipitazioni. Allora ce la prendiamo con gli addetti alle previsioni del tempo; con la Protezione civile che non ha protetto; col prefetto che non ha adottato misure preventive; col sindaco che ha sottovalutato il pericolo degli acquazzoni; col governatore regionale che se ne frega del dissesto idrogeologico; con i ministri che ci rubano tutto compresa la sicurezza. Se poi per sventura una zona viene colpita dal terremoto, si salvi chi può. Mandiamo in galera i sismologi che non hanno calcolato la forza del sisma e la dimensione della catastrofe. Se un torrente straripa, puntiamo il dito contro i contadini che hanno cambiato mestiere e non curano più né i boschi né i campi, lasciando che gli sterpi ingombrino il letto dei corsi d'acqua facilitando così le esondazioni. Recentemente in Sardegna, un fiume è straripato rovinosamente e le case costruite nei pressi degli argini sono state travolte. Chi ha sbagliato? Non certo il fiume. Semmai chi ha concesso i permessi di costruire lungo le sue rive, e anche chi a cuor leggero ha deciso di abitare nei paraggi delle sponde. Nella fattispecie, non risulta per ora che qualcuno abbia pagato per le proprie leggerezze. Ma bisogna pur ammettere che questa vicenda è figlia di dabbenaggine collettiva ancorché circoscritta agli abitanti e agli amministratori del territorio teatro della sciagura. Tornando alla «tempesta di Natale», non si segnalano invece manifestazioni di protesta degli inglesi e dei francesi che hanno fatto i conti con tragedie non certo inferiori a quelle che periodicamente ci toccano. Vi sarà pure un motivo per cui il nostro popolo è incline a trovare un capro espiatorio al quale addossare la responsabilità di ogni guaio, grosso o piccolo che sia. D'altronde, il detto «piove governo ladro» è nato qui. Non riusciamo a capire che la natura non ci ama e che da essa dobbiamo solo difenderci con i pochi mezzi di cui disponiamo. Probabilmente siamo talmente sospettosi nei confronti di qualunque autorità da temere che anche la furia degli elementi sia manovrata dal Palazzo allo scopo di dimostrare che siamo ancora sudditi.

Cosicché siamo portati a dare una valenza politica a tutto, perfino ai fenomeni naturali, come se dipendessero dagli umani, in particolare se eletti e seduti in poltrona. Da quando non crediamo più in Dio, crediamo all'onnipotenza degli uomini. Siamo ridicoli.

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