Il presidente Berlusconi ieri ci ha bacchettato. «Non condivido - ha detto - le critiche de Il Giornale e del suo direttore a Pier Ferdinando Casini, al quale do il bentornato nella casa del centrodestra». Prendiamo atto, e non abbiamo nulla da obiettare. Anche noi abbiamo dato il bentornato all'illustre figliol prodigo. Lo abbiamo fatto a nostro modo, con toni e parole che ovviamente non sono quelli che deve usare in queste circostanze il leader del più grande schieramento politico alle prese con la partita più complicata e delicata della vita. Abbiamo usato i tasti di giornalisti che cercano di interpretare gli umori dei loro lettori. I quali non dimenticano in mezza giornata otto anni di insulti minacce e tranelli che Casini ha riservato a loro e al loro leader. Gli abbiamo ricordato con ironia le sue sciagurate scelte proprio perché nessuno potesse accusarci di incoerenze, amnesia o servilismo. Dopo di che siamo i primi a rallegrarci di una ricomposizione che non può che rafforzare fino a farlo vincere il fronte anti-sinistra e dare ragione a chi, come noi, ha da sempre sostenuto su questo Giornale e in pubblici dibattiti, che l'unica casa possibile per Casini e i suoi elettori era quella del centrodestra berlusconiano.
A differenza di un leader politico che per raggiungere gli obiettivi deve sempre guardare solo avanti (Berlusconi e Renzi insegnano) e mettere una pietra tombale su ciò che è stato, noi abbiamo il piccolo privilegio di poter dare uno sguardo al passato e dire come stavano le cose fino a ieri. Così, tanto per non passare per ingenui. Tutto qui, e faccio una previsione: non solo è tornato Casini, ma in imminenza di elezioni torneranno anche Alfano e soci.
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