Minacce ai direttori di giornali, minacce a Renzi. Più che un nuovo centrodestra quello di Alfano sembra il nuovo centro minacce. Nonostante l'età, ieri Cicchitto ha mostrato i muscoli dai microfoni del Tg3: «Il premier deve stare ben attento a quello che fa, altrimenti...». In ballo c'è il destino del neo sottosegretario Antonio Gentile, coordinatore calabro e senatore di Ncd. Politici, giornalisti e persino il presidente dell'Antimafia Rosy Bindi chiedono giustamente in queste ore a Renzi di cacciarlo per indegnità. Il caso è quello sollevato nei giorni scorsi da noi de Il Giornale: un quotidiano, L'Ora della Calabria, bloccato in tipografia dagli amici di Gentile per impedire la pubblicazione di una notizia non gradita al senatore (le indagini su suo figlio per associazione a delinquere). Il tutto a suon di minacce: «Occhio che il cinghiale ferito poi ammazza tutti», si sente nella registrazione di una delle telefonate per convincere il direttore a sfilare la notizia.
Il cinghiale ferito pronto a fare strage della libera informazione era il senatore Gentile, oggi è Alfano che, via Cicchitto, avverte Renzi: se tocchi il mio sottosegretario ammazzo il governo. Gli amici degli amici fanno quadrato, da quelle parti si usa così. In confronto il povero Scajola è stato un gigante: per due volte si è dimesso da ministro per frasi infelici (la prima su Marco Biagi, la seconda sulla casa a sua insaputa). Gentile invece fa il duro: non sono inquisito, macchina del fango e fregnacce varie. Qui non c'entra il garantismo. Non è questione di reati. È il fango in cui nuota Gentile a casa sua che è incompatibile con una carica di governo. Bloccare l'uscita di un giornale, fosse pure - e non risulta - «a sua insaputa», non è cosa. Non si può fare. Punto. E se a farlo sono i tuoi amici, peggio mi sento.
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