Si emoziona davvero il Cavaliere, ieri alla sua prima in Senato dopo che lo scorso 27 novembre Palazzo Madama aveva votato la sua decadenza da senatore della Repubblica. Lo colgono dalla voce per qualche istante incerta alcuni dei partecipanti alla presentazione del libro Il sangue di Abele, ma a sera e in privato lo ammetterà anche il leader di Forza Italia. D'altra parte, quell'esclusione dal Parlamento - per giunta votata dal Pd - Berlusconi non l'ha mai davvero digerita.
Un altro passo, dunque, è stato fatto. Con l'ex premier che - a poco più di tre mesi dalla sua decadenza da senatore - sta dimostrando di non essere né finito, come si aspettavano in molti, né fuori da giochi, come auspicavano altri. Pur da semplice cittadino, infatti, il Cavaliere è già tornato alla Camera per le consultazioni tenute da Matteo Renzi e poi al Quirinale per quelle di Giorgio Napolitano. Senza scordare che ha pure varcato la soglia di Largo del Nazareno, sede del Pd, per sedersi al tavolo con il segretario dei Democratici e discutere di riforme. Un discreto filotto per uno che solo tre mesi fa era dato per finito.
Ci sta, quindi, un po' di emozione. Dovuta anche al lungo applauso della platea quando Alessandro Sallusti, presente in veste di moderatore, lo introduce spiegando che Palazzo Giustiniani è «la casa dei senatori a vita» (è proprio qui, infatti, che hanno i loro uffici). Un Cavaliere, quello che presenta il libro sul genocidio dei cristiani albanesi ad opera del regime comunista, deciso a puntare il dito contro quella che definisce «non solo un'ideologia ma una malattia». «La più criminale e disumana nella storia dell'uomo visto che - aggiunge - ha causato oltre cento milioni di morti». L'unico passaggio sull'attualità arriva quando Sallusti gli chiede se l'arrivo di Renzi abbia aperto uno spiraglio verso il superamento del comunismo in Italia. La risposta di Berlusconi è insolitamente cauta, segno che l'ottimismo delle scorse settimane nei confronti del segretario Pd si va ormai perdendo. Che le aspettative verso il sindaco di Firenze non sono più le stesse di un mese fa. «Seguiamo la vicenda, vediamo se davvero la sinistra riuscirà a fare quello che l'Inghilterra fece oltre cento anni fa», risponde lapidario. E ancora: «Sarebbe una cosa meravigliosa se anche il Partito Comunista italiano, che negli anni ha fatto molti lifting e cambiato molti nomi, potesse trasformarsi davvero in partito socialdemocratico». L'ex premier, però, preferisce non sbilanciarsi sulla «quantità» di speranza suscitata perché - dice - «non si può misurare in percentuali».
Un Berlusconi che dunque non vuole avventurarsi sull'attualità politica, tanto che pure uscendo da Palazzo Giustiniani si guarda bene dal fermarsi nonostante l'assedio di taccuini e telecamere. Si lascia scappare solo pochissime battute. Un «no, sono troppo vecchio» quando i giornalisti gli chiedono se abbia intenzione di sposarsi. E un «sì, sì, sì» quando invece lo invitano a rassicurare i tifosi del Milan sul fatto che non venderà la squadra. Per il resto niente altro.
D'altra parte, quel che davvero pensa il Cavaliere lo si coglie facilmente da un video postato su Facebook da Nicola Becce, ricevuto a Palazzo Grazioli insieme al Coordinamento azzurro della Basilicata. Nel filmato, scovato dal sito de Il Fatto Quotidiano, l'ex premier affonda il colpo sui magistrati che il 10 aprile dovranno decidere se concedergli i servizi sociali o dargli invece gli arresti domiciliari in esecuzione della sentenza per i diritti tv Mediaset. «Sto davvero vivendo il periodo più brutto della mia vita - racconta Berlusconi ai presenti - perché dopo aver lottato per venti anni per la libertà sono qui a difendermi da una mafia di giudici che il 10 di aprile mi diranno se mi mettono in galera o se mi mandano ai servizi sociali». E il timore, più volte manifestato in privato, è che scelgano la seconda strada con l'obiettivo di «silenziarmi» durante la campagna elettorale per le Europee di fine maggio. Elezioni cui il Cavaliere vorrebbe candidarsi nonostante la Severino. Ma nell'incontro con i lucani ce n'è anche per Napolitano.
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