Lottie Twiselton è una ragazzina inglese di 16 anni che da due combatte una durissima battaglia contro l'anoressia. Ha cominciato a soffrirne in maniera grave da quando ne aveva quattordici e l'ultimo anno l'ha trascorso in ospedale, lontano da famiglia e amici. Adesso che l'hanno dimessa sperava di poter riprendere una vita normale, rientrando a scuola per affrontare gli esami di maturità. La sua scuola però non l'ha più voluta. Quasi fosse un pacco a contrassegno che si può rifiutare, ha deciso che il suo esempio poteva essere troppo pericoloso per le altre studentesse e ha invitato la madre a iscriverla in altro istituto.
La signora Twiselton ha denunciato il caso ai media ritenendo estremamente discriminante il comportamento delle autorità della Northern High School, una scuola privata da 12mila sterline annue che non sembra essersi preoccupata troppo delle conseguenze che il suo rifiuto avrebbero potuto avere su Lottie. La stessa ragazza ha dichiarato ai giornali di essersi sentita completamente «abbandonata» dalla scuola nel suo periodo di convalescenza e non solo. «Quando stavo molto male - ha raccontato Lottie al Times - e ancora frequentavo le lezioni mi sentivo trattata come un'outsider. Era come se la scuola volesse che nascondessi la testa sotto la sabbia e facessi finta che tutto andasse bene». In realtà le cose non andavano affatto bene e Lottie arrivò vicinissima al suicidio. «La mia scuola dovrebbe rendersene conto - afferma - e dovrebbe capire quanto è importante per me tornare a frequentare le lezioni adesso che mi sto riprendendo». La mamma di Lottie, Claire, crede che la figlia sia stata rifiutata perché si teme che altre ragazzine possano cadere nella trappola mortale dell'anoressia. «La direttrice rimase visibilmente scioccata dalla sonda nasale che Lottie doveva portare i primi tempi e l'aveva separata in modo brusco e frettoloso dalle sue compagne di classe - ha raccontato la signora - forse ai suoi occhi mia figlia avrebbe potuto indurre altre ragazze a non mangiare».
In una società fortemente improntata alla cura della propria immagine, dove si moltiplicano i siti web a favore dell'anoressia le preoccupazioni delle autorità scolastiche, seppur non giustificabili, potrebbero essere anche comprensibili. Se però non è la scuola la prima tra le istituzioni a stare accanto ai soggetti più deboli, se non sono i presidi e gli insegnanti gli adulti che devono fornire il primo sostegno ai ragazzi in difficoltà, chi mai deve farlo? Le autorità chiamate in causa hanno respinto al mittente le accuse della mamma di Lottie. «La cura e il benessere dei nostri studenti sono un'assoluta priorità - ha dichiarato la preside - e come scuola siamo pronti a favorire il reintegro di Lottie. Riteniamo però che sia meglio attendere ancora un pò prima di riammetterla alle lezioni. È necessario, a nostro parere, che la ragazza stia meglio perché possa riprendere la routine quotidiana».
Secondo i gruppi di supporto delle famiglie con figli con disturbi alimentari il problema della scuola è la scarsità d'informazioni sul problema che alimentano paure infondate. Jane Dixon, direttrice di Anorexic and Bulimic Care, spiega al Times: «Gli insegnanti sono spesso terrorizzati dai disturbi alimentari e dal loro possibile effetto contagioso tra gli studenti.
I quali, tristemente, molto spesso sull'argomento sono più informati dei docenti. I professori sono più abituati ad affrontare problemi come la droga o l'alcool, ma di fronte all'anoressia o alla bulimia sono spesso impreparati».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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