Il cecchino è appostato nel parcheggio dell'ospedale. È a volto scoperto. Un professionista, a quanto sembra. Nizza. Una sera di primavera. Helene Pastor, un cognome fra i più blasonati del Principato di Monaco, un impero immobiliare sterminato e una ricchezza senza orizzonte, va a visitare il figlio ricoverato all'ospedale L'Archet. Il cecchino preme il grilletto. Colpisce lei. Colpisce l'autista, ridotto in gravi condizioni. Forse è un agguato mancato, forse no, si tratta di un pesantissimo avvertimento. Certo è che qualcuno si è messo in testa di sparare ad una delle donne più ricche di Francia, 77 anni, sorella di quel Michel Pastor scomparso in febbraio e in passato presidente del club As Monaco, una delle squadre protagoniste del football francese.
Sarà un riflesso pavloviano, sarà lo sciovinismo dei francesi, ma le Figaro.fr scrive che le prime indagini puntano sulla mafia italiana. Anzi, più precisamente, le Figaro cita fonti del controspionaggio e parla di «infiltrazioni della mafia calabrese da Ventimiglia». Insomma, dietro il «soldato» che ha fatto fuoco ci sarebbe la 'ndrangheta. E allora bisogna immaginare l'incontro-scontro fra due mondi che paiono agli antipodi e invece in qualche modo si sarebbero incrociati in Costa Azzurra. Cosa può aver innescato l'azione del killer solitario? I testimoni dicono che l'uomo è scappato, aiutato da un complice. Altro non trapela. A Montecarlo tutti sanno che i Pastor sono un'istituzione: si sussurra che siano più ricchi dei Grimaldi, si dice che una casa su tre nel felpatissimo Principato sia di loro proprietà. Difficile verificare nel Paese che fa della discrezione la propria cifra. Ma il colpo è durissimo, come si capisce dal comunicato in cui Alberto II esprime «viva emozione» e «sostegno» alla famiglia. Un terremoto. E allora qualcosa si può afferrare dall'altro lato, da quello della criminalità organizzata. Pierluigi Dell'Osso, fino a pochi giorni fa procuratore nazionale antimafia vicario, uno dei massimi conoscitori della 'ndrangheta, oggi procuratore generale a Brescia, non si stupisce davanti alle proiezioni della stampa transalpina: «La 'ndrangheta ha sempre avuto forti insediamenti al Nord, anche in Liguria, anche a Bordighera e Ventimiglia, terra di confine e punto di partenza per allungare i tentacoli all'estero. Anche verso la Costa Azzurra». Ma Dell'Osso va oltre e fotografa un fenomeno recentissimo, ancora tutto da esplorare e assai inquietante: «Oggi stiamo studiando quella componente criminale che chiamiamo la nuova 'ndragheta o l'altra 'ndrangheta. Mi riferisco alla criminalità che ha la sua origine nel Catanzarese e che ha avuto, secondo le nostre ultime ricerche, uno sviluppo impressionante al Nord, in Romagna, nella Bassa Bresciana, a Bologna, in Veneto, in Piemonte, in Liguria. È una 'ndragheta più evoluta, più sofisticata, che affianca la vecchia, senza troppe subordinazioni o complessi di inferiorità. Ed è una mafia che fa di tutto: droga, racket, riciclaggio. Una mafia che s'infila nel mondo delle costruzioni, dei subappalti, del movimento terra».
Le premesse ci sono. Forse la 'ndrangheta, magari nella sua versione più moderna e aggiornata ai tempi, ha tentato di infiltrarsi nel business sontuoso di qualche lussuosa lottizzazione, una delle tante fra Cosa Azzurra e Principato.
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