Aiuto, Fini vuole tornare a fare danni in politica

Aiuto, Fini vuole tornare a fare danni in politica

Il vento della novità in politica. Dopo la «svolta» renziana che ha sconvolto la sinistra, si è a un passo da quei clamorosi rovesci della storia che aprono orizzonti, mobilitano masse, mutano i destini dei popoli. La diciamo così come viene, senza ulteriori preamboli, perché la notizia si commenta da sé. Gianfranco Fini torna in politica.
Non c'è la fa più. Troppo tempo è passato dal «che fai mi cacci?» perché l'ex delfino almirantiano possa continuare a restare in panchina. L'Italia chiamò, lo sventurato risponde. D'altronde l'avversario da battere è già battuto, ha immaginato Gianfry nelle lunghe meditazioni sempre più solitarie di questo biennio horribilis, nel quale - complice una discutibile e di sicuro infedele batosta elettorale, nonché qualche disavventura immobiliare - il Nostro pare sia caduto in depressione profonda (e questo ci dispiace). Ma poi il Futuro (in libertà) gli ha concesso una mano per uscirne; anzitutto con un «libro-verità» che gli ha consentito di vuotare il sacco e scaricare i macigni dalle scarpe. Peccato che sia passato abbastanza inosservato, il suo «Il Ventennio. Io Berlusconi e la destra tradita», perché sembra che sia alla base del miracolo della risalita.
E dunque eccolo qua; anzi, come coniò Montanelli a proposito di Fanfani, il «Rieccolo». «Nel prossimo futuro sarò più presente nel dibattito politica», ha annunciato ieri Fini a Bari, durante un dibattito su due figure cardine della destra e della sua avventura in politica: Pinuccio Tatarella (di cui Gianfry si può ben definire «orfano») e Domenico Mennitti (di recente scomparso, che con lui, in verità, aveva poco a che fare). Ma il Redivivo li ha tirati entrambi dalla sua parte: non trovando vivi che lo tirassero per la giacchetta, evidentemente. «L'esperienza di uomini di destra come Mennitti e Tatarella - la retorica giustificazione - insegna che si deve dare vita a un ulteriore impegno, anche per fare in modo che nella società italiana esista una destra molto diversa da quella che attualmente c'è». Chiaro, chiarissimo segnale a chi pensava che ormai a una certa età ci si potesse dedicare alla crescita delle figliole, alla scrittura dei libri, a meditare e accontentarsi della figura del padre nobile. Invece Fini sembra proprio intenzionato a tornare in pista, ora che la destra è sguarnita e il suo principale antagonista (Silvio Berlusconi, che avevate capito?) si divide tra casa e ospizio, azzoppato persino nei suoi diritti politici. Alfano? Dopo qualche tentativo di farsi riciclare - pare che abbia atteso una sua chiamata per mesi, dopo la nascita del Ncd - ha preso anche ad attaccarlo, in intervistine sempre più minute e irrilevanti. Fino a rilevare quel che tutti sanno, dopo che lo ammise Berlusconi: cioé che Angelino gli manca qualcosina. «Ha ragione, almeno su questo, Berlusconi quando dice che gli manca il quid. È incredibile che Alfano non riesca a far capire che il governo Renzi si regge perché c'è il suo partito a sostenerlo».
Il «quid», Gianfry, pensa invece di averlo trovato, dopo l'uscita dal tunnel buio della depressione. Si racconta che ci sarebbero stati anche dei contatti - prudenti, per la verità - con Corrado Passera e la sua strabiliante idea di riunificare il centrodestra in un progetto distinto e distante da Forza Italia (che ancora mantiene quattro volte i voti di chi si riconosce nel centrodestra). Nessuno ci aveva ancora pensato. A chi gli chiedeva se fosse l'annuncio di un nuovo movimento politico, Fini ha risposto: «Mi sembra che più chiaro di così non si può. Abbiate pazienza». Ma riuscirsi a ripresentare con gli ex di Futuro e libertà pare impossibile.

Dunque Passera-Fini sembra la coppia ideale per quel nome scelto dal gruppo di investitori bancari che sorregge l'ex banchiere, «Italia unica». Unica? Unica in che, nel fantasia o nei fantasmi? Come si vede, manca ancora un quid.

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