Alessandro Sallusti rifiuta gli arresti domiciliari

Accolta la richiesta di arresti domiciliari. Nelle prossime ore scatterà l'obbligo di non abbandonare il domicilio: a Sallusti viene impedito di proseguire il suo lavoro. Ma il direttore del Giornale in conferenza stampa fa sapere che rifiuterà gli arresti domiciliari: "Mandi carabinieri a prendermi, altrimenti sarà responsabile del reato di evasione"

Il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, in conferenza stampa
Il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, in conferenza stampa

La vergogna è compiuta. Definitivamente. Il giudice di sorveglianza di Milano Guido Brambilla ha accolto l’istanza di detenzione domiciliare avanzata dal procuratore Edmondo Bruti Liberati per il direttore del Giornale Alessandro Sallusti. Una sorta di alchimia pretestuosa e a dir poco discutibile con cui Bruti Liberati ha trasformato la vergognosa condanna in carcere agli arresti domiciliari. Proprio per questo, Sallusti ha rigettato questa decisione e, in conferenza stampa, ha fatto sapere che andrà avanti a lavorare. "Per portarmi via da qui - ha avvertito - Bruti Liberati deve mandare i carabinieri a prendermi, altrimenti sarà responsabile del reato di evasione". Perché il direttore del Giornale ha deciso che non andrà mai agli arresti domiciliari: "Se la Severino fosse il ministro degli italiani e non dei magistrati, avrebbe già da tempo mandato un'ispezione per verificare quanto è successo".

Da quanto risulta dal provvedimento firmato dal Giudice della sorveglianza, al direttore sono stati assegnati i "classici" arresti domiciliari. Insomma, il tribunale di Milano non gli permetterà di lavorare. "Sono stato condannato con una sentenza a 14 mesi - ha spiegato il direttore - una sentenza ingiusta e basata su dei falsi". Durante la conferenza stampa il direttore, che oggi ha dato il "vicariato" a Nicola Porro, ha ripercorso tutto l'iter giudiziario che ha portato alla condanna di 14 mesi di reclusione e poi agli arresti domiciliari e ha elencato tutte le falsità che sono state perpetrate in questi mesi: "C'è scritto sul dispositivo della sentenza che io mi sono rifiutato di pubblicare la rettifica. Il rifiuto presuppone una domanda. Nessuno mi ha domandato una rettifica. Libero non aveva l'Ansa. Non avevo modo tecnicamente di correggere la notizia". Insomma, sulla sentenza c'era scritta una cosa falsa. E non era certo l'unica. : "Hanno parlato di campagna stampa - ha continuato - ma si può parlare di campagna stampa per la pubblicazione di due articoli?". Proprio per verificare tutte queste falsità e capire come mai una sentenza che in primo grado lo aveva condannato a 5mila euro di multa si è trasformata in secondo grado a 14 mesi di reclusione, Sallusti ha più volte invitato il ministro della Giustizia Paola Severino ad avviare un'ispezione: "È stata una mascolzonata senza pari, ma il ministro non ha voluto fare una verifica dei fatti perché, più che il ministro degli italiani è il ministro dei magistrati".

"Se ho commesso una colpa grave mettetemi in carcere. Io mi rifiuto di essere arruolato nella casta, accettare questo privilegio sarebbe una vergogna". A questo punto, il direttore ha supplicato Bruti Liberati di mandargli i carabinieri per tradurlo in carcere precisando, tuttavia, che commetterà subito il reato di evasione: "Rifiuto la sentenza ma, come cittadino italiano, ne prendo atto e chiedo di essere mandato in carcere". Il direttore del Giornale non vuole sottrarsi alla pena. Chiede piuttosto che venga applicata la pena che è stata erogata. "Non ho nessuna intenzione di ribellarmi alla sentenza ed evitare i 14 mesi di carcere - ha insistito Sallusti - tanto è vero che sono trascorsi sessanta giorni e non sono evaso, non mi sono allontanato, ma ho aspettato con pazienza e sofferenza la conclusione di questa vicenda". Secondo il direttore, anche Bruti Liberati si è vergognato di eseguire sentenza pretestuosa. "Non ho intenzione di andare agli arresti domiciliari - ha ribadito Sallusti - mi adeguo al giudizio della procura, la Camera penale, che hanno ritenuto che Bruti Liberati mi stesse facendo un favore". In Italia ci sono, infatti, 6mila detenuti che si trovano nella stesse condizioni di Sallusti, che avrebbero diritto ai domiciliari ma che vengono trattati in modo diverso. "Se io accettassi un privilegio - ha spiegato Sallusti - sarebbe la mia morte professionale e trascinerei anche il Giornale in una perdita di autorevolezza".

Nei giorni scorsi il procuratore di Milano, cha ha avocato a sè il fascicolo inizialmente affidato al pm dell’esecuzione Chiara de Iorio, aveva concesso una seconda sospensione dell’ordine di esecuzione della condanna definitiva a 14 mesi di reclusione e aveva chiesto per il direttore del Giornale la detenzione domiciliare in base alla legge "svuota carceri". Nell’istanza di Bruti Liberati, accolta oggi dal magistrato di sorveglianza, si sosteneva che la posizione di Sallusti potesse soddisfare i requisiti richiesti in quanto la pena che deve scontare è inferiore ai 18 mesi, non sussiste pericolo di fuga e il domicilio scelto, cioè la casa dove vive con la compagna Daniela Santanchè, è idonea. Quando la condanna era divenuta definitiva, il direttore del Giornale avrebbe potuto chiedere una misura alternativa alla detenzione, ma non l’ha fatto. "Farsi rieducare è da regime di Pol Pot", ha ribattuto Sallusti più volte. Nei giorni scorsi, tuttavia, la richiesta formulata dal procuratore ha creato una spaccatura con il pool dei sostituti dell’esecuzione.

Il direttore ha spiegato, infatti, che ci sono due blocchi di magistrati: "Uno di questi due o è un imbroglione o ha agito in malafede e, quindi, dovrebbe essere licenziato". Sallusti, che chiederà la revoca del provvedimento, ha sottolineato che è una questione di principio: "Nessun giornalista può essere sbattuto in carcere o ai domiciliari per un reato che non ha commesso".

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