RomaAngelino Alfano resta in silenzio, continua a evitare microfoni e agenzie di stampa e attende il voto siciliano per dire la sua sulla nuova svolta di Silvio Berlusconi. L'atmosfera, però, resta carica di tensione. I telefoni dei dirigenti del Pdl squillano di continuo. Ci si confronta, si cerca di trovare il bandolo della matassa ed elaborare una linea in vista della ripresa dei lavori parlamentari, ci si interroga su una possibile ricucitura o sull'opportunità di un divorzio tra falchi e colombe. C'è chi ipotizza la convocazione di un ufficio di presidenza già in settimana per arrivare a un chiarimento interno. Chi, come Maurizio Gasparri, chiama a raccolta i suoi parlamentari per domani per fare il punto. Chi invita a ragionare a mente fredda, evitando di cedere all'emotività. Ma la possibilità di una conta interna è una ipotesi che nessuno si sente di escludere.
Raccontano di una dura telefonata mattutina tra Alfano e Berlusconi, con il primo che si sarebbe sfogato e avrebbe chiesto maggiore rispetto per il suo ruolo. Tra i massimi dirigenti, dopo lo shock di sabato, cresce però anche la consapevolezza che uno strappo a pochi mesi dal voto avrebbe effetti devastanti. «La linea economica è identica a quella che Renato Brunetta espone pubblicamente. Dobbiamo capire che a Berlusconi da un anno viene chiesto un disarmo unilaterale. Ora ha detto basta, non possiamo far finta che non ci sia stata una sentenza abnorme» spiega un dirigente di via dell'Umiltà. Gregorio Fontana, a sua volta, prova a lanciare un ponte tra le varie anime in sotterranea contrapposizione. «Berlusconi non ha fatto altro che ribadire quelle posizioni critiche che sono state la nostra bandiera negli ultimi mesi. Ovvero una più equa politica fiscale e un abbattimento del debito con provvedimenti concreti».
Lo stesso invito alla rivolta interna lanciato da Pier Ferdinando Casini ha suscitato profonda perplessità dentro il partito. Un affondo duro vissuto come un'entrata a gamba tesa. «Berlusconi ha devastato, in questi anni, l'unità dei moderati. Ha dimostrato che si può creare un partito populista di destra che non ha nulla a che fare con il partito popolare europeo e con i moderati. Mi auguro che tanti moderati, anche nel Pdl, facciano sentire la loro voce» ma comunque «il loro silenzio è già eloquente».
Al netto del tentativo di campagna acquisti operato dal segretario Udc, a via dell'Umiltà si fa strada un'intenzione: blindare la celebrazione delle primarie e trasformarle in referendum sulla linea politica in vista del voto. Uno scenario indirettamente confermato da Maurizio Lupi, al Tg3. «Faremo cadere Monti? Non è solo Berlusconi che può decidere. Lui stesso ha detto: mi paragonerò con l'ufficio di presidenza. Berlusconi ha avuto uno sfogo rispetto a una ingiustizia terribile. Ma credo che il Pdl starà sulla linea della responsabilità». Nessuno spiraglio per una possibile frammentazione? «Lo stesso Berlusconi ha detto che l'area moderata deve riaggregarsi. Mi ha fatto piacere che Berlusconi abbia ribadito che si faranno le primarie.
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