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E sul Kazakistan Alfano rischia grosso

Il superprefetto lo smentisce sull'espulsione della Shalabayeva. Pd e Sel provano a farlo fuori: deve chiarire al Senato

E sul Kazakistan Alfano rischia grosso

Roma - Angelino Alfano torna sotto tiro per il caso Shalabayeva. La miccia viene accesa da una intervista rilasciata a Repubblica dal prefetto Giuseppe Procaccini, capo di gabinetto del ministro dell'Interno all'epoca del rapimento della moglie dell'oligarca kazako Mukhtar Ablyazov. Il prefetto, ora in pensione, fa capire di esserci rimasto male per la vicenda e di essersi assunto con le dimissioni «responsabilità non proprie».

«Il ministro era molto preoccupato. Il governo era a rischio. E io ho sempre ritenuto che essere un civil servant significhi anche assumersi responsabilità che magari non sono proprie, ma comunque interpellano la credibilità dell'amministrazione cui si appartiene». Ma al di là del suo travaglio personale, Procaccini, entrando nel merito, racconta di essere stato sollecitato in quell'occasione dal titolare dell'Interno a occuparsi del caso. «Il ministro - spiega - mi diede l'impressione di aver collegato la vicenda Shalabayeva con l'operazione Ablyazov. E mi disse che quel caso minacciava la sicurezza nazionale». Parole che inevitabilmente riaccendono i fuochi della polemica politica. Il primo affondo è firmato dal Pd. A puntare il dito sono i senatori renziani. «Aspettiamo Alfano in aula sul caso Shalabayeva. Il ministro disse che nulla sapeva dell'operazione della polizia kazaka, il suo ex capo di gabinetto fornisce oggi una versione completamente diversa. Il Parlamento deve sapere se il vicepremier ha detto la verità o ha mentito» chiedono i senatori del Pd Roberto Cociancich e Isabella De Monte. Duro anche il segretario del Psi, Riccardo Nencini. Ma i toni più affilati vengono adottati da Nichi Vendola: «Se le parole di Procaccini saranno confermate, Alfano ha mentito al Parlamento. Letta non ha nulla da dire?». Un attacco che viene ripreso e rilanciato dai suoi compagni di partito. «Da quanto emerge il capo del Viminale era perfettamente a conoscenza di tutti i passaggi dell'extraordinary rendition verso il Kazakistan», dice Arturo Scotto di Sel.
Alfano, che in serata presenta a Roma il libro-manifesto Moderati scritto da Gaetano Quagliariello, Eugenia Roccella e Maurizio Sacconi, non commenta le parole del suo ex collaboratore. In ambienti di Ncd, però, si fa notare che Procaccini di fatto conferma di non aver riferito ad Alfano che si stava procedendo al fermo della Shalabayeva. E si fa notare come la nuova versione dei fatti di Procaccini confligga con quanto da lui dichiarato mesi fa.

Il vicepremier, invece, si attesta nel campo politico e prova a uscire dal pressing sempre più forte portato ai suoi danni dai renziani, dettando a sua volta le condizioni per restare al governo. «Non possiamo accettare la legalizzazione della cannabis, le frontiere aperte e le adozioni per i gay. Anzi se propongono il matrimonio gay, ce ne andiamo un attimo prima a gambe levate e denunciandolo all'opinione pubblica». Un riferimento a una fattispecie, in verità, mai evocata in questi termini neppure a sinistra.

C'è tempo per una stoccata a Matteo Renzi sul «Jobs Act». «In my opinion is the same old soup (la solita minestra). Dicono in inglese quello che la Cgil dice in italiano». Ma anche per un attestato di stima verso Giovanni Toti, direttore del Tg4 e, secondo ricostruzioni di stampa, possibile futuro coordinatore di Forza Italia. «Personalmente ho di Toti come giornalista, ma anche come giudizio personale, una grandissima considerazione». Infine una promessa sui tempi delle riforme che sa di risposta a chi lo accusa di voler allungare il brodo: «La nostra volontà è quella di chiudere la legge elettorale al più presto. L'obiettivo è quello di farlo entro la prima settimana di febbraio alla Camera.

Razionalità vuole che se le forze della maggioranza scelgono una delle proposte di Renzi, lui non ne scelga un'altra con le opposizioni».

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