Governatore Formigoni, se davvero il suo amico imprenditore Pierangelo Daccò le ha pagato le vacanze, visto che ricevere un dono da un amico ricco non è reato, e che secondo lei non c’è nulla di male, se è vero, lo dica... Un attimo di silenzio dall’altra parte del telefono. Poi il presidente della Regione Lombardia (nel tondo) sbotta: «Io dico di no! Confermo che ho pagato. Le vacanze me le sono sempre pagate io».
È il giorno in cui Repubblica pubblica ampi stralci dei verbali dell’imprenditore recluso nel carcere di Opera, nei quali si parla di yacht e vacanze di lusso offerte. Formigoni prende un impegno pubblico: «Se qualcuno dimostrasse che Daccò ha avuto un vantaggio dai rapporti con me, mi assumerò le mie responsabilità e mi dimetterò». Ma tiene a sottolineare il principio che se anche fosse vero ciò che lui nega esser vero, la vacanza donata non sarebbe un reato: «Il vero punto è se sia stato distratto un euro di denaro pubblico o se sono stati fatti favori. E la Procura ritiene di no, altrimenti sarebbe arrivato un avviso di garanzia a me o a qualcuno della Regione. E non è successo».
Pierangelo Daccò, nei verbali, dice che «ogni anno, da diversi anni, da giugno a settembre Ad Maiora (il nome del suo yacht, ndr) è a disposizione di Formigoni» e che i costi della barca oscillano tra i 30mila e i 50mila euro a stagione. «Formigoni era mio ospite, non mi ha mai restituito nulla», fa mettere a verbale Daccò, che riferisce di vacanze alle Antille. Nell’articolo si parla di tre Capodanni nelle isole caraibiche e di un volo privato per San Marteen per Roberto Formigoni e il suo assistente, prenotato dalla segreteria dell’ospedale San Raffaele.
Formigoni in sostanza smentisce il contenuto dei verbali. «Confermo tutto e cioè che mi sono pagato le mie vacanze, ma non mi metto a contraddire una persona che è in carcere da sei mesi, quando la Cassazione ne aveva annullato l’arresto... È in corso una tragedia familiare e io non discuto con una persona in carcere che ha tutto il diritto di difendersi» dice, lasciando così il dubbio che l’imprenditore potrebbe aver mentito per motivi legati alla strategia difensiva, facoltà che rientra nei suoi diritti di indagato.
«È da un anno che indagano sul San Raffaele e la clinica Maugeri. Se ci fosse stato qualcosa, non l’avrebbero trovato? E, invece, Regione Lombardia non è minimamente implicata. Non c’è reato né sospetto di reato», si infervora Formigoni in difesa del «suo» Pirellone. Contrattacca: «L’unico reato è stato commesso dal giornale che ha pubblicato verbali coperti da segreto istruttorio».
È la prima volta che parla di «dimissioni», Roberto Formigoni, sia pure per dire che è disponibile a lasciare solo «se qualcuno dimostrasse che Daccò ha tratto vantaggio». Allora pensa a lasciare? Secca smentita: «No». Al contrario, il presidente della Regione Lombardia sfoggia sicurezza, si dice convinto che contro di lui «è in atto un attacco politico mediatico giudiziario, con il solito doppiopesismo della sinistra», che ignora le vacanze di D’Alema e si concentra su quelle di Formigoni.
Niente dubbi che questa vicenda possa danneggiare il centrodestra e che sia meglio andare a votare? «No. Nessuno del Pdl, né della Lega, nessuno dei nostri elettori lo chiede», replica il governatore, impegnato come al solito nella vita di partito.
Ieri mattina era all’incontro milanese dei seniores del Pdl, dove gli over 65 lo hanno accolto con applausi e inviti a resistere. L’attenzione si sposta sulla sconfitta alle amministrative: «Serve vivacità per ripartire».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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