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Altro bluff del governo. Le Province restano e il risparmio è nullo

Approvato il ddl tra le proteste di Forza Italia, Cinque Stelle e Lega. Brunetta: "Si creano enti di secondo livello formati da sindaci Pd"

Altro bluff del governo. Le Province restano e il risparmio è nullo

Roma - «Una vera e propria legge truffa». Il giorno dopo l'approvazione alla Camera del ddl di iniziativa governativa sul riordino delle Province e delle città metropolitane, il capogruppo di Forza Italia, Renato Brunetta, torna all'attacco. «La nuova legge - sostiene - non abolisce le Province, ma crea enti di secondo livello» e di fatto le trasforma in «enti di area vasta», sottraendoli alla rappresentanza democratica ed escludendo ogni tipo di elezione diretta «con l'obiettivo di rendere le nuove Province e le nuove città metropolitane assemblee monocolore di sinistra». Potrebbe sembrare la solita polemica politica, ma non è così. Innanzitutto, perché lo sdegno è stato trasversale: accanto agli azzurri anche i 5 Stelle e i leghisti hanno protestato contro la mancanza di incisività della legge. In secondo luogo, c'è una sostanziale inefficacia dal punto di vista economico che rende inutile il provvedimento. È lo stesso Brunetta a spiegarlo chiaramente. «Oggi le Province costano 8,6 miliardi l'anno per le spese ordinarie. Due miliardi e duecentomila euro l'anno è, invece, il costo dei dipendenti. Gli impiegati e i dirigenti sono 61mila, per 1.272 consiglieri provinciali e 395 assessori», ha ricordato. Quanto farà risparmiare il ddl approvato ieri? Solo i 100 milioni delle mancate elezioni, a fronte di 8 miliardi di spese correnti. «Praticamente nulla», ha chiosato l'ex ministro della Pubblica amministrazione. Si potrebbe pensare che, a fronte di un mancato risparmio, ne potrebbe però giovare la gestione della cosa pubblica perché, eliminando comunque un livello di rappresentanza, i processi decisionali dovrebbero diventare più efficaci. E, invece, no. Per le nuove dieci città metropolitane (Roma, Milano, Napoli, Torino, Genova, Firenze, Venezia, Bologna, Bari e Reggio Calabria) è prevista sì l'eliminazione dell'ente provincia, ma al suo posto nasceranno i consigli metropolitani che, se lo statuto lo prevedrà, potranno essere eletti anche direttamente e quindi non essere composti da sindaci e consiglieri comunali dell'area.
Nelle altre Province, invece, resteranno presidenti e consigli provinciali, designati dall'assemblea dei Comuni dell'area. Nessuno riceverà compensi per l'incarico, ma l'influenza politica resterà immutata. Insomma cambiare tutto perché nulla cambi.
La proposta di Fi, conclude Brunetta, avrebbe eliminato una volta per tutte le Province mantenendo in vita solo due livelli di rappresentanza: le Regioni e i Comuni. In attesa della riforma costituzionale (necessaria per abolire le Province), vi sarebbe stato un passaggio di competenze e funzioni definite. Se tutto rimarrà così, invece, si avrà anche questo livello intermedio, frutto di un provvedimento che il capogruppo forzista ha definito «incostituzionale, confuso, con norme ingarbugliate, che non semplifica e non sburocratizza, ma aumenta il disordine sulla gestione dei servizi creando nuovi problemi a imprese e cittadini». E forse non è un caso che il governo Letta non abbia «propagandato» questo traguardo, come è solito fare anche con leggi di minore portata. Tanto è vero che il premier nella nuova richiesta di fiducia alle Camere di metà mese aveva più o meno «sorvolato». Il ministro per i Rapporti con le Regioni, il renziano Graziano Delrio è uno dei pochi a esserne soddisfatto.

Ma, come fa notare Forza Italia, perché la norma, così com'è concertata, amplia la sfera di influenza del centrosinistra in generale e del Partito democratico in particolare, notoriamente più rappresentati nelle amministrazioni locali, in virtù dello «zoccolo duro» che vota qualsiasi cosa il partito proponga, anche nelle circoscrizioni.

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