Roma - Casini fa squillare le trombe della novità ma la sua baracca è piena di tromboni. Scaltro come pochi, il leader dell'Udc apre le porte di casa a tutti. Ai ministri tecnici, in primis, che sono seri, sobri, puliti e bravi. Siano quindi i benvenuti i Passera, i Clini, gli Ornaghi, i Riccardi e, of course, i Monti. Sono loro l'Italia dal volto responsabile che fa molto moda e quindi voti. Non solo: sono attese e ben accette anche facce nuove, meglio se giovani e belle. Come quella della Marcegaglia, per esempio. Una con gli attributi, sabato letteralmente osannata dalla platea di Chianciano. Viva Emma e viva tutti quelli che ancora non sono usciti allo scoperto. La «lista per l'Italia» - è il sogno di Casini - farà da calamita alla cosiddetta società civile, parola jolly per far da scudo all'onda dell'antipolitica che ancora minaccia di travolgere il Palazzo. Ecco perché, mossa più strategica e opportunistica che mai, Casini ha pure sbianchettato il suo nome dal simbolo. Via Casini, resterà soltanto «Italia».
Ma, si diceva, c'è l'inghippo. La nave di Pier in realtà pullula di vecchie cariatidi della politica che non hanno alcuna intenzione di annegare nell'oblio. Navigheranno accanto ai giovani per apparire meno vecchi di quanto siano. La galassia Udc è zeppa di antichi arnesi, desiderosi di un nuovo contenitore per servire ancora. Per non morire. Per rinascere, possibilmente. Un po' come dei Visitors, a caccia di un corpo nuovo, sono in tanti a sognare l'ennesimo giro di giostra. Il primo è Casini, il leader, classe 1955, in Parlamento dal 1983: la bellezza di 29 anni e 32 giorni di carriera nel Palazzo. Per non parlare di Mario Tassone, al governo negli anni Ottanta con Fanfani e Craxi; o di Teresio Delfino, natali nel 1949, il cui primo vagito alla Camera l'ha emesso nel 1987 quando al governo c'era Goria. Nuotano ancora a loro agio, a Chianciano, i padri nobili della balena bianca: attrezzi logori ma ancora buoni nel portar voti. Ciriaco De Mita, per esempio, ex premier, svariate volte ministro, deputato dal '63 al 2008 ed euro-onorevole dal 2009. Sguazza a meraviglia pure Paolo Cirino Pomicino, anche lui pluriministro e deputato dal 1976, ex potentissimo ma in verità mai uscito realmente di scena. In Transatlantico si raccontano di sue frenetiche telefonate durante le ore concitate delle dimissioni del governo Berlusconi e anche nei mesi precedenti: quando si trattava di convincere deputati del Pdl a passare sulla zattera di Pier. E che dire di Rocco Buttiglione che ancora oggi esterna, consiglia, pontifica? «Non siamo il partito di un leader ma di uomini liberi, aperto a chiunque vuole lavorare insieme per il bene del Paese», dice esultante. Parla di rinnovamento ma lui lavora alla Camera dalla bellezza di 18 anni e 120 giorni.
L'amico Carlo Vizzini però lo batte: è in Senato da 28 anni e 358 giorni e fa il presidente della commissione Affari costituzionali. È entrato nel Palazzo nel 1976, quando è nata Domenica in, c'erano Stenmark e Panatta e a Seveso si sprigionava una nube tossica. E l'aria fresca dell'Udc, di tossine da smaltire ne ha ancora parecchie.
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