Altro che vittoria in tasca: Renzi stia attento al lupo

Da Occhetto a Fini e Monti, la storia pullula di leader sicuri di farcela che hanno fallito. Anche il sindaco di Firenze si sente già premier, ma deve ancora fare i conti con Bersani

Il sindaco di Firenze Matteo Renzi partecipa al premio Donna
Il sindaco di Firenze Matteo Renzi partecipa al premio Donna

Attenti al lupo. Il lupo è l'illusione della vittoria in tasca. L'illusione di essere già al potere con la propria «squadra di governo» come diceva il povero Bersani. L'illusione di avercela già fatta e di potersi vendere con imprudente anticipo la pelle dell'orso con quel che segue. A Renzi direi di stare attento perché potrebbe essere il suo turno ed essere divorato dal lupo dell'illusione se non sta attento a premunirsi contro il miraggio della vittoria in tasca. Ricordate Achille - Akela - Occhetto e la sua gioiosa macchina da guerra? Oppure ricordate Mario Segni che aveva l'Italia ai suoi piedi e che perse il tempo perfetto, l'attimo sfuggente e rimase solo? Oppure l'ascendente illusione di Pier Ferdinando Casini che pensava di incamerare consenso indicando Mario Monti come il faro dell'umanità, la luce oltre il tunnel, la soluzione di tutti i problemi? Fu una beffa fra le più grottesche: il popolo udiccino, udito il proprio leader che inneggiava a Monti come un tempo si poteva inneggiare solo alla Madonna, si chiese per quale motivo non avrebbe dovuto saltare a piè pari Pier Ferdinando e votare direttamente il Mario col Loden, che potrebbe essere stato il titolo di una canzone di Jannacci, un Vengo anch'io, no tu no.
E poi la meteora a cortissima gittata di Monti stesso, l'astro, l'uomo per il quale fu creato un preventivo scranno di senatore a vita manco fosse stato il padre della Patria, il quale ha fatto un imbarazzante flop. O meglio: come abbiamo appena detto, prese i voti che prima appartenevano a Casini e se li è incamerati, ma senza aggiungere nulla. Scippo pulito, Casini tratto in salvo sul gommone degli emigranti e sottoposto a respirazione artificiale al Senato.
Il caso di scuola rappresentato da Gianfranco Fini e dal suo Fli è noto. Non sarò così vile da non ricordare a me stesso e a chi mi legge che feci parte anch'io brevemente di quell'illusione che però in me svanì non appena mi resi conto che non esisteva alcuna soluzione pronta e nemmeno una ipotesi di maggioranza parlamentare. Fini il divo della destra post fascista, della riforma della destra, l'uomo che con Casini tentò da alleato di mettere molti bastoni fra le ruote di Berlusconi e poi di contendergli la leadership e rimasto con un pugno di mosche, addirittura fuori dal Parlamento, altro caso di scuola perché Fini ha seguito il destino beffardo del presidente della Camera Fausto Bertinotti e quello ormai stagionato di Irene Pivetti, la Giovanna d'Arco della Lega poi finita con Mastella, anche lei a spasso dopo i sogni di gloria.
Per i meno giovani ricordo il caso di Bettino Craxi quando pensava di aver conquistato la leadership della sinistra, ma non riuscì mai a sfiorare il 20 per cento, prima di essere travolto dalla vendetta dei suoi nemici e dalle condanne a mio parere assolutamente ingiuste.
Ma torniamo a Matteo Renzi. Ai miei occhi il suo pregio, il suo valore aggiunto sta nel fatto che è il primo quasi-leader dell'ex Pci totalmente esente dal gene comunista. Tu vedi Bersani e riconosci nei modi e nelle forme il tipico comunista emiliano alla Ferrini, in Fassino il bravo comunista piemontese. Finora solo Veltroni aveva tentato di spogliarsi delle insegne e dei segni del passato comunista, ma soltanto Renzi ha saputo costruire quella tale fisionomia che permetterebbe a una parte degli italiani che non avrebbero mai votato per l'erede del Pci, di fare un passo a sinistra. Ricordo che in Italia il blocco degli italiani di varie tendenze non necessariamente di destra ma anzi socialiste e laiche, è sempre stato maggioritario come ben sapevano Togliatti e Berlinguer. Renzi è l'uomo che potrebbe spezzare per sempre quell'incantesimo e portare il suo partito oltre il vallo dei suoi storici confini. Il problema è che lo sa, si fida dei sondaggi, sente un po' troppo il vento in poppa e rischia di finire lui fra i rottamati della politica per errori nella scansione dei tempi.
Non saprei dare al sindaco di Firenze consigli in una materia di cui sono poco esperto, ma direi che oggi il giovane politico che contende la leadership a Bersani appare sia frettoloso che in ritardo. Troppo attivismo, pochi tiri in porta. E troppa fiducia nella vittoria in tasca che è ben lungi dal venire. Bersani, che tutti consideriamo un fallito per di più testardo, si fa i suoi calcoli col pallottoliere della politica vecchio stile e non si dà per morto. Renzi ha in questo momento tutte le porte sbarrate davanti a sé, ma allena la propria visibilità cogliendo tutte le occasioni possibili. Ma il vento della storia che potrebbe portarlo alla vittoria sta scadendo in una brezza. Che lui possa guidare domani un Pd compatto dietro di lui (se solo vincesse le primarie che probabilmente non vincerà mai) è un'illusione. La sinistra è sempre stata una creatura antropofaga e cannibale che, come i primi organismi, si genera dalle scissioni. Se Renzi non è pronto a provocare una scissione non andrà da nessuna parte.

E purtroppo s'illude di potercela fare tirandosi dietro anche tutto il partito, e questo è un letale peccato di presunzione. Come si diceva un tempo «chi fa la rivoluzione a metà, scava la propria fossa». E già ci sembra di vederlo con una pala in mano.

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