Anac contro il governo: rischio corruzione dopo addio all'abuso d'ufficio

il presidente dell'Anticorruzione al Parlamento: troppi conflitti d'interessi e troppi appalti sotto soglia. Nel mirino anche l'intelligeza artificiale e la scarsa «trasparenza algoritmica»

Anac contro il governo: rischio corruzione dopo addio all'abuso d'ufficio
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«Troppi appalti diretti, tanti conflitti d’interesse e pochi presidi anti corruzione dopo l’abolizione dell’abuso d’ufficio». Il presidente dell’Autorità anti corruzione Giuseppe Busia accusa implicitamente il governo e la maggioranza nella sua relazione annuale al Parlamento. Nel 2024 il valore economico complessivo degli appalti pubblici in Italia è stato di 271,8 miliardi di euro per un totale di 267mila procedure di gara, con una flessione del 4,1% sul 2023 e del 7,3% sul 2022. Ad aumentare sono le richieste di prodotti farmaceutici (+37,2% rispetto al 2023) per un valore di più di 40 miliardi di euro.

«Troppi casi di conflitti di interesse, piccoli e grandi, minano la credibilità delle istituzioni», dice Busia, secondo cui gli appelli sul potenziale «vuoto di tutela» che avrebbe lasciato l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, l’esecutivo è rimasto immobile, senza «compensare l’eliminazione della sanzione penale con un rafforzamento delle tutele amministrative», anzi «dopo la riduzione di tutele sul conflitto di interessi operata dal Codice dei contratti pubblici si è registrato un progressivo indebolimento delle garanzie amministrative poste a presidio dell’indipendenza e correttezza dell’agire pubblico».

A questo secondo Busia si accompagna «una grave carenza» ovvero «l’assenza di una disciplina organica sulle lobby, più urgente oggi dopo la limitazione della fattispecie di traffico di influenze illecite (riformulata assieme all’abolizione dell’abuso d’ufficio, ndr) e in un’epoca in cui gli strumenti per esercitare pressioni diventano vieppiù pervasivi».

Dove si annida il problema? Secondo il numero uno Anac nei «troppi affidamenti diretti, pari al 98% del totale delle acquisizioni di servizi e forniture». Si tratta secondo il magistrato di un fenomeno legato al «crescente addensamento degli affidamenti non concorrenziali tra i 135.000 e i 140.000 euro, a ridosso della soglia: più che triplicato rispetto al 2021, quando il valore-limite era di 75.000 euro».

L’escamotage dietro questi numeri sarebbe «l’aumento dei frazionamenti artificiosi degli appalti, finalizzati a mantenere gli importi al di sotto delle soglie di legge e, spesso, anche ad eludere l’obbligo di qualificazione delle stazioni appaltanti - aggiunge Busia - Un proliferare di comportamenti anche opportunistici, dietro i quali si nascondono sovente sprechi irragionevoli, e purtroppo qualche volta anche infiltrazioni criminali e mafiose, come testimoniano, da ultimo, alcuni fatti di cronaca».

Colpa anche di «pressioni indebite» che anche gli amministratori onesti subiscono, complice anche la necessità di una maggiore «trasparenza algoritmica», vale a dire la capacità di «manipolare» le gare attraverso l’intelligenza

artificiale. Un problema secondo l’Anac, anzi «la nuova frontiera della trasparenza amministrativa, presupposto per la piena intellegibilità delle decisioni pubbliche e, quindi, per la tutela dei diritti di cittadini e imprese».

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