Nei quartieri dove vivono poliziotti e militari, Alba d'oro, il movimento della destra estremista greca, arriva a triplicare i suoi voti; e da sempre corrono le voci sugli stretti rapporti del gruppo con i servizi di sicurezza. Ma ieri, per la sua visita ad Atene, Angela Merkel non ha avuto paura ad affidarsi al servizio d'ordine organizzato dal ministero dell'interno ellenico. Una prova di fiducia tanto più degna di nota se si considera che le proteste di piazza erano scontate. La Grecia è un Paese a pezzi, in una misura che dalla pur provata Italia si fa fatica a cogliere. Negli ultimi quattro anni il reddito degli abitanti è precipitato del 20%, nel 2012 scenderà ancora del 6,5%, nel 2013 le previsioni parlano di un altro 4% (ma la stima viene considerata ottimistica). E il bello (il brutto) è che tutto questo per il momento non è servito a nulla. Il debito pubblico è pari al 169% del Pil, l'anno prossimo salirà al 179%. Pensare che in tempi ragionevoli la Grecia possa tornare un Paese normale è una pietosa finzione. Ma anche questo non basta a dare il senso complessivo dello stato d'animo greco. Potremmo rassegnarci alla povertà dei nostri nonni, ha scritto il giallista Petros Markaris, ma non meritiamo «il sarcasmo, le umiliazioni, il disprezzo» di cui ci sentiamo circondati.
Su questo fronte la Germania fatica a dare il buon esempio. Una delle più note poesie tedesche, scritta nel 1861, contiene un verso, «am deutschen Wesen soll die Welt genesen», che viene di solito citato per dimostrare la persistenza del senso di superiorità teutonico: «lo spirito tedesco salverà il mondo». E di questo innato senso di superiorità una pletora di politici berlinesi, con le loro dichiarazioni tra il razzistico e lo strapaese, hanno dato ampia prova nei mesi scorsi. Così la povera Merkel ieri ha pagato non solo le sue esitazioni, il machiavellismo («il modello Merkiavelli», lo ha definito il sociologo Ulrich Beck) con cui ha cercato di legare le sue prospettive di rielezione e la sopravvivenza dell'euro con la disciplina imposta e gli aiuti concessi al Sud sprecone. Ma ha anche fatto da vittima sacrificale per tutti i pregiudizi nazionali rinfocolati dalla crisi della moneta unica ed espressi da una politica evidentemente non all'altezza del compito. Perché è questo il paradosso dell'Europa di oggi: la moneta nata per impedire nuove guerre continentali (Helmut Kohl dixit), è la prima fonte di tensioni e preconcetti che ormai corrono senza freni attraverso i confini nazionali.
Ovvio dunque che i greci in piazza ieri, piegati dal disastro di milioni di vite, abbiano marciato contro il loro «carnefice» straniero. Nessuno ha protestato invece contro i killer autentici: una classe dirigente che ha messo in ginocchio il Paese con una politica di corruttela affaristica dagli aspetti grotteschi. L'ultimo scandalo, sulle prime pagine dei giornali in questi giorni, sembra una pochade. È quello dei dischetti con i nomi di 2mila evasori fiscali che avevano inviato i loro soldi all'estero sui conti di una banca inglese, la Hsbc. Nel 2010 la preziosa lista è stata consegnata dal presidente del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde, al Ministro delle finanze allora in carica. Da quel momento il dicastero incaricato di dare la caccia agli evasori ha cambiato di mano un paio di volte. Il risultato è che la lista non si trova più, contro gli evasori non è stata avviata alcuna inchiesta, e nessuno tra i vari politici in carica ammette di saperne qualche cosa. È l'esempio estremo di una degenerazione che ha coinvolto più o meno tutti i Paesi in crisi: certo la Spagna, che ha visto le sue banche occupate manu militari da una classe politica che si è arricchita finanziando oltre ogni ragionevolezza il «ladrillo», il settore immobiliare; certo l'Italia, il cui ceto dirigente è stato in grado di sprecare il cosiddetto dividendo dell'euro (il ministro Passera ha parlato di recente di un buco da 500 miliardi).
Così, a chi si è messo fuori gioco ora non resta che soffrire per risalire la china, sperando nella lungimiranza di chi ha in mano il pallino, e cioè la Germania.
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