Città del Vaticano - L'applauso fragoroso si alza mentre papa Francesco è a metà della formula di canonizzazione. «Beatos Ioannem XXIII et Ioannem Paulum II sanctos esse decernimus...»: la frase non è conclusa ma per la sterminata folla di piazza San Pietro i due pontefici sono santi subito. Gente che si abbraccia, piange, sventola bandiere, batte le mani in un'esplosione liberatoria di gioia collettiva. Sono le 10,15 e sul cielo grigio di Roma tira lo stesso vento che chiuse il Vangelo aperto sulla bara di Karol Wojtyla il giorno del funerale. Il soffio dello Spirito. È una cerimonia semplice, quella che con cui la Chiesa porta agli altari i suoi eletti. Si cantano le litanie dei santi, con gli apostoli, i primi martiri e i padri della Chiesa; si invoca lo Spirito con l'antico canto gregoriano del Veni Creator; il cardinale che ha accertato le virtù dei beati supplica per tre volte «con grandissima forza Vostra Santità». Il latino che risuona nella piazza assorta esprime la solennità della storia bimillenaria della Chiesa. Al papa vengono portate le reliquie dei santi: Francesco le bacia e le fa collocare accanto all'altare offrendole alla devozione del mondo.
Una «festa della fede», la definisce il pontefice all'Angelus, che è pure il titolo di un libro sulla liturgia scritto trent'anni fa da Joseph Ratzinger. Una festa che Jorge Mario Bergoglio spiega durante l'omelia, un suo discorso tipico: breve, essenziale, incisivo. I predecessori vengono descritti come «due uomini coraggiosi» che «hanno dato testimonianza alla Chiesa e al mondo della bontà di Dio, della sua misericordia».
«Sono stati sacerdoti, e vescovi e papi del XX secolo - aggiunge Bergoglio -. Ne hanno conosciuto le tragedie, ma non ne sono stati sopraffatti. Più forte, in loro, era Dio, la fede in Gesù Cristo e la misericordia di Dio che si manifesta in queste cinque piaghe; più forte era la vicinanza materna di Maria». Le piaghe sono i segni della passione di Gesù (i quattro chiodi e il colpo di lancia al cuore) richiamati nel vangelo letto poco prima, con il racconto dell'apostolo Tommaso che crede alla risurrezione soltanto dopo aver toccato quelle ferite.
San Tommaso che ci ha messo il naso, si diceva un tempo alzando il sopracciglio, ma Bergoglio rivaluta «quell'uomo sincero, abituato a verificare di persona». Le piaghe sono «la verifica della fede», dice il papa. E i due nuovi santi sono stati persone «che hanno avuto il coraggio di guardare le ferite di Gesù. Non hanno avuto vergogna della carne di Cristo, non si sono scandalizzati della sua croce; non hanno avuto vergogna della carne del fratello perché in ogni persona sofferente vedevano Gesù». I due pontefici a noi contemporanei come il discepolo contemporaneo di Cristo: come dire che anche l'uomo di oggi, quello che vive nelle «periferie geografiche ed esistenziali» care a Bergoglio, può fare lo stesso percorso degli apostoli duemila anni fa. In Roncalli e Wojtyla «dimorava una speranza viva insieme con una gioia indicibile e gloriosa che hanno donato in abbondanza al popolo di Dio, ricevendone eterna riconoscenza». È il clima che «si respirava nella prima comunità dei credenti, a Gerusalemme, in cui si vive l'essenziale del Vangelo, vale a dire l'amore, la misericordia, in semplicità e fraternità». Da Bergoglio, davanti ai potenti di mezzo mondo e a 800mila fedeli da tutti i continenti, arriva un altro richiamo all'essenziale.
Una Chiesa alla quale per esistere basta vivere di amore e misericordia: «È questa l'immagine che il Concilio Vaticano II ha tenuto davanti a sé. Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II hanno collaborato con lo Spirito Santo per ripristinare e aggiornare la Chiesa secondo la sua fisionomia originaria, la fisionomia che le hanno dato i santi nel corso dei secoli. Non dimentichiamo che sono proprio i santi che mandano avanti e fanno crescere la Chiesa».
San Giovanni XXIII è stato «il Papa della docilità allo Spirito Santo», san Giovanni Paolo II lo è stato della famiglia. Un tema molto caro a Bergoglio, che infatti cita il «cammino sinodale sulla famiglia e con le famiglie, un cammino che sicuramente dal Cielo lui accompagna e sostiene».
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