C'è una coppia di anziani che a Milano gira nei parchi per accarezzare i cani di altri padroni. Ne vorrebbero adottare uno, ma il regolamento del condominio in cui vivono ne vieta il possesso. «Siamo troppo vecchi per cambiare casa - dicono Mario e Luisa - quindi dobbiamo rinunciare al cane».
Ancora per poche settimane, però. I deputati hanno infatti approvato un articolo presentato dalla deputata Pdl Gabriella Giammanco, in cui si stabilisce che il regolamento condominiale (anche quello fissato dal costruttore) non può più vietare a inquilini e proprietari di possedere o detenere animali domestici. Manca l'ok del Senato che si aspetta entro dicembre. E dal nuovo anno, due zampe e quattro zampe potranno convivere pacificamente. A patto però, che anche cani e padroni facciano la loro parte. Rispettando innanzitutto la buona educazione. Agli incivili ci pensano le sanzioni condominiali che arrivano fino al sequestro dell'animale se il proprietario non pulisce quando è necessario o lascia abbaiare il cane durante gli orari di riposo. Eccessiva restrizione? No, dice, Lorenzo Croce, presidente dell'Aidaa, che ritiene questa legge «un buon passo avanti». È contenta anche l'ex ministro del Turismo e animalista convinta, Michela Vittoria Brambilla. «Con questa scelta - spiega la parlamentare - viene finalmente esclusa la possibilità di imporre al proprietario una limitazione che davvero non aveva alcuna ragione d'essere».
Brambilla, strenua attivista per la tutela degli animali, spera che la legge sia approvata definitivamente in tempi brevi, perché «rappresenta un altro passo avanti a tutela dei milioni di cittadini che convivono con animali domestici. Tra non molto potranno farlo senza rischiare di incorrere in assurdi tentativi di limitare la loro libertà e la serena convivenza con quelli che sono ormai diventati, a tutti gli effetti, componenti della famiglia».
Dal Parlamento al Friuli Venezia Giulia dove i centoquarantacinquemila proprietari di cani possono cantar vittoria. D'ora in poi potranno portarsi appresso il loro amico a quattro zampe anche per noiose commissioni senza doverlo parcheggiare sul marciapiede incustodito magari per ore. Il Consiglio regionale ha infatti approvato una legge che apre le porte di negozi e pubblici uffici a tutti gli animali d'affezione. In pratica, il solerte direttore di turno non può più cacciare dalla banca, dalla posta o dall'anagrafe il quadrupede di turno come fosse un appestato. Deve accogliere padrone e cane senza batter ciglio, magari sfoderando un bel sorriso sulle labbra. Neppure i negozi, alimentari e grandi magazzini compresi, potranno appendere fuori dalla porta d'ingresso il cartellino con la sagoma del cane e la scritta «io non entro». Lui, il cane, entra eccome. Naturalmente con guinzaglio e magari con museruola. E se proprio il commerciante non può soffrire i quattro zampe, deve comunicarlo preventivamente al sindaco per essere «esonerato» dall'obbligo. Così il consumatore può scegliere di depennare dalla sua lista degli acquisti il negozio che si «dissocia» dalla regola generale di accoglienza.
Insomma, quella friulana è una bella idea, tanto che dovrebbe essere «copiata» dal resto delle regioni italiane. Solo la Toscana e il Piemonte ha approvato delle linee guida in questa materia. Le altre regioni per il momento stanno a guardare. Ma il traguardo del Friuli, a dire il vero, è dovuto in gran parte al primo firmatario di questa legge, Roberto Novelli, del Pdl, che non nasconde la sua soddisfazione. «La norma - spiega il consigliere - punta a mettere fine alla confusione che spesso si veniva a creare tra regolamenti comunali e divieti fai da te messi in atto dai commercianti. Inoltre, abbiamo riscritto una legge regionale che risale ad oltre vent'anni fa quando la relazione tra uomo e animali domestici era molto diversa».
Ma se il Friuli ha fatto la sua parte, molti comuni d'Italia hanno ancora regole parecchio restrittive. Eppure l'ex ministro Brambilla aveva strappato un accordo con l'Anci molto promettente.
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