Arrivano i No Tav. Bersani fugge a pranzo

Arrivano i No Tav. Bersani fugge a pranzo

RomaNo Tav e pure no Bersani. La protesta della Val di Susa arriva nel cuore di Roma, precisamente nella sede del Partito democratico, in via Sant’Andrea delle Fratte. Tanta strada ma sicuramente non per incontrare il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. Infatti quando ai manifestanti che irrompevano nella sede del partito è stato offerto un incontro con Bersani hanno risposto: «No grazie, siamo qui per protestare, per far capire che quelli della Val di Susa non sono soli». Ma evidentemente comunque meglio soli che accompagnati da Bersani.
La protesta, che in queste ultime ore purtroppo ha avuto risvolti drammatici e anche violenti, una volta insediata nella sede del Pd assume invece un volto più grottesco, quasi ridicolo. Basta leggere i commenti su Twitter: «La sede del Pd occupata dai No Tav, democratici sgomenti: erano anni che non entrava qualcuno di sinistra», cinguettato da Coinquilina 2000. E ancora: «I No Tav abbandonano la sede del Pd: pare rinuncino perché hanno scoperto che al Pd non sanno cos’è la Tav», ironizza Popoloviola.
Il blitz dei manifestanti, una cinquantina, si è consumato velocemente, circa un paio d’ore di tensione e scontri per fortuna soltanto verbali tra i manifestanti ed alcuni dirigenti del Pd tra i quali Andrea Orlando ed Emanuele Fiano. Fuori dalla sede gli agenti della Digos sono riusciti ad evitare il peggio grazie alla trattativa condotta dal capo Lamberto Giannini che ha permesso che il gruppo si allontanasse verso l’Università La Sapienza senza procedere all’identificazione. L’azione dei No Tav comunque è stata filmata e le riprese sono già in mano alla polizia scientifica.
Perché occupare la sede del Pd? «Se lo dovevano aspettare - dice uno degli autodefiniti occupyPd - Fra i mandanti dell’Alta velocità c’è anche il Pd che si è schierato a favore e se ne frega di quello che il popolo No Tav esprime». Insomma i manifestanti considerano il Pd, definito Profitti democratici su uno striscione sbandierato dai protestatari, un «traditore» per la sua posizione rispetto alla Tav e anche per il modo in cui l’Unità sta seguendo la protesta. «Parlano dei feriti tra i poliziotti - accusano - ma non dei manifestanti massacrati di botte». Una ragazza si rivolge ai democratici presenti e li chiama «pecorelle» come il militante che provocava il carabiniere. Certamente questa volta Bersani non può cavalcare la protesta come fece quando salì gioioso sul tetto dell’Università con gli studenti per sostenere quelli che non volevano la riforma universitaria. Riforma che ora il governo di Mario Monti sta portando avanti in piena tranquillità e senza cambiare una virgola con il sostegno di tutte le forze politiche, pure del Pd ovviamente.
Stavolta Bersani si trova in una posizione scomoda e quindi cerca di dare un colpo al cerchio ed uno alla botte, consigliando ai manifestanti di non farsi strumentalizzare. «Sono molto preoccupato è un fase delicatissima, io sono disposto giorno e notte a parlare con i giovani e con chiunque ma serve una netta presa di distanza dalla violenza - dice il leader Pd - C’è chi sta cercando acqua dove nuotare, c’è gente che quando annusa disagio e protesta ci infila violenza ed eversione e lo abbiamo già visto. Il Pd non lo permetterà».
Insomma no alla violenza, insiste Bersani, serve un «confronto civile».

Sembra però che non appena i No Tav hanno fatto irruzione nella sede del Pd Bersani abbia prontamente cercato un confronto civile con la tavola da pranzo. È Dagospia ad insinuare che testimoni avrebbero visto il segretario Pd recarsi frettolosamente al ristorante prima che il clima nella sede si surriscaldasse troppo.

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