Il bambino conteso portato via con la forza Polizia sotto accusa

Il bimbo che cerca di scappare e poi cerca di divincolarsi dalla presa dei poliziotti. La zia che cerca di impedire il ratto. Il papà che pretende venga rispettata la legge. A 10 anni si fa fatica a capire che quei signori che ti portano via con la forza dalla mamma, che ti strappano dal banco di scuola al suono della prima campanella, sono i «buoni», quelli che fanno rispettare la legge.
Perché quello che è avvenuto l'altro giorno davanti a una scuola di Cittadella (Padova) è esattamente questo: l'esecuzione di un'ordinanza emessa dalla sezione minori della Corte d'Appello di Venezia, naturalmente in nome del popolo italiano. Il tutto documentato da un video choc di tre minuti trasmesso da Chi l'ha visto. Al punto da indurre il capo della polizia, Antonio Manganelli ad avviare un'inchiesta interna e a chiedere scusa alla famiglia del piccolo. «Accetto le scuse ma questo non è il modo, è stata un'azione incivile», ha detto poi la madre. «L'ho salvato, ora è sereno», ha replicato il padre. La decisione di affidarlo al padre, presa tre mesi fa, poggia sul concetto di sindrome da alienazione parentale riscontrata al bambino. In sostanza, il giudice ha ritenuto che il minore dovesse recuperare il rapporto col genitore reso impossibile dall'atteggiamento della madre. Per rendere il passaggio graduale, l'ordinanza stabiliva che fosse necessario trasferirlo per un periodo in una comunità protetta, quasi per «decontaminarlo». Ma il primo passo consisteva nel prelevarlo dalla casa della mamma. «Ci hanno provato più volte - confessa il nonno materno - ma abbiamo sempre sventato i tentativi. Il bambino voleva restare con la madre».
«In mancanza di spontaneo accordo sull'esecuzione degli adempimenti - recita l'ordinanza - l'attuazione delle disposizioni cogenti saranno adottate dal padre affidatario, che potrà avvalersi - se strettamente necessario - dell'ausilio dei servizi sociali e della forza pubblica, da esplicarsi nelle forme più discrete e adeguate al caso». Di sicuro la parte finale del dispositivo non è stata rispettata e a rimetterci, lo sostengono tutti gli educatori interpellati, è il bambino che rischia di rimanere traumatizzato. «Sono rimasta sconvolta e turbata anch'io da quanto successo nella nostra scuola - ha spiegato la dirigente scolastica Marina Zanon -. Posso dire che i suoi compagni sono stati fatti uscire solo dopo quando il bimbo è stato portato in auto».
Il questore di Padova, Vincenzo Montemagno, assicura che non c'era alcuna intenzione di creare situazioni di tensione nei confronti di un minore: «Il nostro intervento - ha detto - è stato richiesto dall'autorità giudiziaria che ha dato facoltà al padre di avvalersi della forza pubblica». Sarà pure andata così, ma le conseguenze sono state devastanti. I passati tentativi avevano messo sul chi vive la madre e i nonni del bambino, decisi a bloccare qualsiasi altra mossa, mettendosi peraltro contro la legge. Non è un caso che il video della vergogna sia stato girato dalla zia, quasi che la famiglia si aspettasse un «attacco» da parte delle forze dell'ordine. Le immagini sono state la deflagrazione finale. «Non respiro, zia, aiutami», dice il bimbo alla parente che lo riprende col cellulare e si rivolge a una donna mentre due uomini lo tirano per le braccia e le caviglie. «Sono un ispettore di polizia. Lei non è nessuno», è la secca replica. La questura di Padova spiegherà che le comunicazioni possono essere fatte solo al padre e alla madre.
Storiaccia da cui è difficile districarsi. Un groviglio di dispetti e di accuse che dura da tanti anni e a cui il giudice aveva dato una risposta finale chiara, a favore del padre, respingendo tutti i ricorsi della madre.

«Sono andata nella casa famiglia in cui lo hanno messo e mi hanno impedito di vederlo», piangeva la donna. «Me l'hanno tenuto come prigioniero in tutti questi anni - commentava con incredibile pacatezza il padre - e adesso finalmente potrà tornare lentamente a una vita serena».

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