Banche estere in fuga dai Btp? Meglio se il debito resta in Italia

Banche estere in fuga dai Btp? Meglio se il debito resta in Italia

La notizia che la grande banca americana, Goldman Sachs, nel trimestre marzo-giugno, ha ridotto il suo portafoglio di Btp italiani da 2,5 miliardi di dollari a 191 milioni ha fatto scalpore sia perché il premier Monti ne è stato consulente, sia perché questo gigante finanziario, noto anche per alcuni affari discutibili sui derivati, è stato nominato «advisor» del Tesoro per la valutazione delle sue quote di Fintecna, Sace e Simest, ai fini della loro cessione alla Cassa depositi e prestiti, parzialmente posseduta dello Stato, ma formalmente soggetto diverso dallo Stato. Ci si domanda se all'Italia fa male o giova che gli stranieri vendano i nostri titoli pubblici e che vengano comprati di più dai risparmiatori italiani. La risposta, da parte mia, è che contrariamente a quanto si legge nei giornali specializzati, questo, dal punto di vista economico, è un fatto molto positivo. Anche se dal punto di vista del giudizio sul governo Monti, si tratta di un dato negativo: gli tolgono la fiducia grandi banche di cui il premier stato consigliere. E non si tratta di un fatto isolato.
Anche la francese Société Générale, che assieme a Goldman Sachs è stata nominata da Monti come advisor del Tesoro per la cessione di cui si è detto, ha ridotto la propria quota di Btp. Lo ha fatto insieme a Bnp Paribas, che possiede al 100% Bnl, e a Crédit Agricole, che controlla Cariparma e Banca Popolare Friuladria. Insomma, banche estere che conoscono bene le faccende di casa nostra vendono Btp, in epoca Monti. Morgan Stanley, colosso bancario americano, ha ceduto tutte le sue quote. Invece Jp Morgan le ha ridotte. Ha dovuto farlo a seguito di speculazioni sbagliate, in cui ha perso qualche miliardo di dollari, in pochi mesi, con conseguente licenziamento del suo presidente (cosa che da noi, nell'alta finanza, si usa poco).
Però la riduzione di Btp di Jp Morgan è proporzionalmente minore che quella di titoli di altri Stati. Citibank, degli Usa, ha aumentato di poco i titoli italiani. Ciò non controbilancia le riduzioni delle altre banche americane. Quanto agli istituti europei, essi hanno ridotto di 95 miliardi in un anno i portafogli di nostri titoli. Quelli non europei e non Usa li hanno aumentati di 55. Insomma, le banche francesi e tedesche che avevano grosse quote di titoli pubblici italiani le hanno ridimensionate. Quelle statunitensi, che ne possedevano poche, le hanno vendute quasi tutte, ma si ha l'impressione che alcune lo abbiano fatto perché non sono messe bene.
Gli acquisti fuori euro e fuori dollaro di debito italiano sono consistenti, ma sono circa la metà delle cessioni. In sostanza, probabilmente, adesso il 65-70% del debito pubblico italiano è in mani nostrane, mentre un anno fa era il 60%. Considerando la quota di debito straniero italiano di proprietà di fondi d'investimento italiani ubicati all'estero e altri soggetti del nostro Paese «esterovestiti», l'Italia fuori confine ha solo il 30% del suo debito. Il resto lo hanno banche, assicurazioni, fondi di investimento, fondi pensione, imprese e famiglie italiane.
Ne consegue che quando il tasso sui nostri titoli è al 6%, mentre dovrebbe essere il 3,5-4%, il 70% degli interessi in eccesso va al risparmio italiano, irrobustendolo; e solo il 30% esce da mani italiane, generando una vera perdita per la nostra economia. L'onere per la bilancia dei pagamenti, anche se consistente, risulta contenuto. I «disincentivi» creati dalla pressione fiscale che serve per pagare gli interessi sul debito sono alleviati dalla «rendita» che ottengono i nostri risparmiatori.
Se tutto il debito fosse di soggetti italiani, esso non costituirebbe un onere per la nostra bilancia dei pagamenti. Sarebbe un gravame per i contribuenti attuali, generato dalla incapacità dei governi passati di far pagare lo Stato sociale ai contribuenti di allora, che per altro favorirebbe il nostro risparmio. Da ciò emergono, però, due considerazioni.


Se bisogna sostituire il risparmio nazionale agli investitori esteri, nel possesso del debito pubblico italiano, è bene che il governo tuteli il risparmio e non lo spaventi, come invece ha fatto con operazioni varie di demagogia fiscale, per compiacere di Pd, Vendola e compagnia, facendo fuggire i capitali. Inoltre, per dare agli italiani munizioni per ricomprarsi il debito, occorrerebbe tonificare l'economia con tutti i possibili espedienti. Cosa che manca.

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