Povero patrimonio culturale nostrano. Non basta l'enorme perdita causata dai ladri d'arte: i vandali causano nelle nostre città danni per milioni di euro all'anno, minimo cinque secondo Legambiente. Poi ci sono gli imbecilli, che fanno danni, rimangono impuniti e non scuciono neppure un centesimo per le loro malefatte. Per questa categoria i commenti non servono, bastano le parole che descrivono le scemenze che combinano. L'ultima della serie arriva fresca dal museo dell'Opera del Duomo di Firenze. Un 55enne americano ha pensato bene di imitare il saluto cameratesco dei dodicenni che si «danno il cinque» prima di separarsi. Ma non si è accomiatato da un amico bensì dalla statua dell'Angelo Annunciatore: gli ha toccato energicamente la mano destra e fratturandogli un mignolo sotto gli occhi allibiti del ragazzo di guardia. Il custode, appena intuito quello che stava facendo lo statunitense, ha cercato di fermarlo, ma ormai il dito si era rotto. La statua di marmo dello scultore trecentesco Giovanni d'Ambrogio sarà dunque portata da un ortopedico molto specializzato ma il danno è stato fatto anche se il museo non sporgerà denuncia contro il turista. «Non si tratta fortunatamente di un danno grave - sottolinea il direttore del Museo dell'Opera Timothy Verdon - il dito danneggiato non è originale ma rifatto in gesso in epoche passate». Ma Verdon bacchetta comunque il turista maleducato: «In questo mondo globalizzato sembra che si sia dimenticata una delle regole fondamentali per visitare i musei, e cioè che non si toccano le opere».
L'americano tirerà un sospiro di sollievo nonostante la tirata di orecchie e le sue scuse a scoppio ritardato. Che non ripagano i delicati restauri. Ne sanno qualcosa i direttori dei musei che sottoscrivono fior di polizze assicurative per proteggere i loro capolavori. Le opere d'arte, purtroppo, attraggono da sempre un esercito di balordi in tutto il mondo. Se non sono pazzi come l'australiano che ha martellato per quindici volte la Pietà di Michelangelo, sono dispettosi come la parigina ha sfilato un evidenziatore nero dalla borsa e ha pasticciato, con estrema disinvoltura, la parte inferiore dello storico quadro «La libertà che guida il popolo» di Delacroix. Un quadro di Rembrandt, il famoso «The night watch» esposto nel Rijksmuseum di Amsterdam, ha subito nel corso degli anni addirittura tre attentati. Alla National Gallery di Londra, Robert Cambridge, sparò contro un disegno di Leonardo da Vinci, mentre ai Musei Vaticani di Roma un uomo su una sedia a rotelle, entrò nella pinacoteca per gettare del liquido infiammabile contro la «Madonna di Foligno» di Raffaello Sanzio, poi tentò di dare fuoco al quadro con un accendino.
Ma la lista dei vandalismi è interminabile. C'è chi è ricorso, contro tele di valore e altri tesori artistici, a bombolette spray, liquidi infiammabili, taglierini e altri svariati strumenti. Il sadismo qui è facile: le opere non protestano, si lasciano deturpare senza fiatare. Ma che gusto provano a rovinare le opere d'arte, però, nessuno lo capisce. Eppure il vandalismo contro i monumenti è quello più detestabile per la maggior parte della gente. Secondo una ricerca di Eta Meta Research, per 6 italiani su 10 chi danneggia opere d'arte compie un atto senza senso, odioso più dell'imbrattamento dei muri delle case. Con conseguenze economiche pesantissime. Legambiente calcolò che in un solo anno, il 2003, i danni sono costati allo Stato oltre 5 milioni di euro.
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