MilanoA Silvana Quarantotto, profuga istriana, imprenditrice seria e leghista doc, la brutta storia che le è capitata non toglie la passione per la bandiera verde della Padania: «Io una denuncia contro la Lega non lavrei mai fatta e non la farò mai». Ma il bidone che le hanno tirato nasce tutto in via Bellerio, a Milano, nel quartiere generale del Carroccio. E la sua storia - diventata di pubblico dominio grazie alle intercettazioni e ai verbali dellinchiesta sul lato marcio della Lega - racconta un pezzo non marginale della mutazione leghista. Perché della Lega la signora Quarantotto si fidava. E ha dovuto scoprire che anche nel cuore del movimento di Bossi si muovevano truffatori e trafficoni.
Tutto nasce quando lazienda di Silvana Quarantotto, fondata da suo marito Corrado, materassi di qualità, incontra le difficoltà della crisi e del credito. E la figlia del marito, anche lei leghista 100 per 100, incontra una signora che dice di poter risolvere i suoi problemi. Come non fidarsi? Anche questa signora è una militante padana. Anzi, lavora proprio in via Bellerio, nella sede nazionale della Lega. Si chiama Helga Giordano. «Era una semplice impiegata ma a noi disse di essere la segretaria personale di Umberto Bossi. Solo dopo ho scoperto che non era vero, quando ho conosciuto la vera segretaria di Bossi, una persona eccellente (è Daniela Cantamessa, oggi tra i testi chiave dellindagine, ndr). Ma allora non avevo motivo di dubitarne. Helga mi ha presentato il suo fidanzato, Paolo Giordani. Diceva di essere lamministratore delegato di una banca londinese in Italia. Anche di questo non avevo motivo di dubitare. E anche qui la verità lho scoperta dopo: un truffatore di mestiere, con una serie di denunce e di processi a carico».
Lo schema è quello classico della zanzata, la truffa all milanese: la promessa di un finanziamento da un milione, «che però ha un costo, dicevano». Diecimila euro versati subito, altri ventimila al momento di concludere. Dopodiché, limpiegata vera e il banchiere fasullo, come sempre accade in questi casi, spariscono nel nulla. «Non rispondevano ai telefoni, erano diventati introvabili. A quel punto sono andata in via Bellerio». E qui entra in scena un altro protagonista dellinchiesta giudiziaria: il tesoriere leghista Francesco Belsito. «Belsito disse: ci penso io. E ci presentò un avvocato genovese che ci avrebbe dato una mano».
Come e con quali obiettivi davanti a una militante in difficoltà e a una situazione oggettivamente imbarazzante per la Lega, Belsito scelga di mettere in campo un suo amico genovese è uno dei tanti misteri dellex cassiere leghista, uomo di mille rapporti e di mille traffici. E il seguito è ancora singolare: «Belsito disse che mi avrebbe fatto avere lui i soldi, trecentomila euro senza voler nessun tipo di garanzie. Io li rifiutai. Lui insistette. Io ci pensai su. Alla fine dissi: se davvero puoi darmeli, voglio darti in garanzia lunica cosa che possiedo, cioè il capannone della mia ditta che vale tre milioni».
Così, nel racconto di Silvana Quarantotto, finisce la storia. Che riappare nei verbali di Nadia Dagrada, la funzionaria di via Bellerio interrogata martedì scorso: che parla anche lei della truffa organizzata dalla Helga Giordano, «presentandosi come la segretaria di Bossi e millantando la vicinanza con lui». E con Belsito che tratta i soldi della Lega come fossero suoi per aggiustare la faccenda, in una sede divenuta una specie di suk per affari di ogni genere.
Ma se a Silvana Quarantotto si chiede cosa pensi del cataclisma giudiziario che si è abbattuto sulla Lega e ha travolto il suo leader, risponde che «mi sembra tutto irreale. Io ho conosciuto Bossi, e so che è un grande uomo. Adesso è malato, e forse non riesce a seguire tutto.
Intanto però lo scandalo potrebbe allargarsi allEmilia: secondo Repubblica una ex funzionaria della sede bolognese del Carroccio racconterebbe di avere assistito al passaggio di fondi neri in contanti.