Roma - «Ho sempre avuto il timore che il problema non siano i governi che non fanno le riforme, quanto il Paese che non è ancora pronto a cambiare pelle. Qualunque sia la maggioranza che cerca di farlo, infatti, gli ostacoli sembrano insormontabili. Noi però siamo pronti a fare il possibile e lo dimostreremo». Tre giorni fa, nelle sue conversazioni private, Berlusconi lasciava trasparire più d’una perplessità per lo scontro in corso sulla riforma del mercato del lavoro. Lo stop arrivato dal Pd, infatti, aveva fatto dire al Cavaliere - durante una riunione serale a Palazzo Grazioli la scorsa settimana - che il rischio che Bersani facesse «saltare il banco» iniziava in qualche modo a «prendere forma». Un’eventualità che - seppure non dispiace a quel pezzo di Pdl che mai ha digerito Monti e mai ha smesso di sperare nelle elezioni anticipate - non rassicura per nulla un Berlusconi deciso a «sostenere il governo» e «comportarsi in maniera responsabile». Ragione per cui non solo il Cavaliere dà il suo via libera al vertice ABC che di lì a poche ore avrebbe puntellato il governo, ma mette persino a disposizione il suo ufficio personale di Montecitorio come teatro della tregua.
Un «deponete le armi» chiesto espressamente da Monti e fortemente voluto da Napolitano, tanto che passati pochi minuti dalla nota congiunta in cui Alfano, Bersani e Casini annunciano l’accordo sulla riforma della legge elettorale, il Quirinale ci mette su il cappello lodando «l’impegno» e «la collaborazione» di Pdl, Pd e Udc. Un’intesa che serve a riallacciare il filo del dialogo tra i tre soci della «strana» maggioranza che appoggia Monti, ma pure a rimettere in carreggiata il governo.
Quello manifestato in privato da Berlusconi, infatti, è più di un timore se Cicchitto non esita a dire in chiaro che «Bersani vuole votare ad ottobre con questa legge elettorale ritenendo di avere con essa la vittoria in tasca». Perché, ragionava il Cavaliere con i suoi, «quale migliore argomento per rompere e poi fare campagna elettorale se non la difesa dell’articolo 18?». E proprio per sminare il rischio di un’implosione della maggioranza sulla riforma del mercato del lavoro Berlusconi avrebbe dato il via libera ad un’intesa che, almeno al momento, sta solo nelle soddisfatte dichiarazioni di tutti. Anche se, fa notare Napoli, «l’ottimismo unanime suscita qualche dubbio» visto che «esultano i bipolaristi ed esultano i loro avversari, non piangono i maggioritari e non festeggiano i nostalgici del proporzionale». Tradotto: «Il traguardo è ancora molto lontano».
E infatti nello studio del Cavaliere non è stato tutto rosa e fiori se proprio sulla riforma dell’articolo 18 s’è registrata più d’una tensione tra Alfano e Bersani. Con il primo che auspica che sul ddl il governo ponga la fiducia e il secondo decisamente contrario. D’altra parte, secondo i sondaggi di Euromedia arrivati sulla scrivania del Cavaliere, nell’ultimo mese il Pd ha perso la bellezza di un punto a settimana. Una situazione difficilmente sostenibile per Bersani.
E su cui ripone qualche speranza chi nel Pdl non vedrebbe poi male un ritorno alle urne, tanto che ancora ieri Corsaro ribadiva che in caso di modifiche da parte del Pd anche il Pdl rimetterà mano alla riforma del lavoro. Il che significherebbe di fatto affossarlo aprendo la strada ad una crisi di governo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.