Stando al copione, ieri avrebbe dovuto essere il giorno del redde rationem. Invece, un po' per l'incontro mattutino tra Berlusconi e Alfano e un po' perché la tragedia di Lampedusa è evidentemente una priorità anche per la politica tutta, il countdown resta congelato. Per quanto non si sa, e magari è solo una questione di ore, ma almeno fino a stasera la spaccatura interna al Pdl non dovrebbe esplodere in una guerra senza quartiere.
La tensione, però, resta altissima e ben oltre la soglia di sicurezza nonostante in pubblico il Cavaliere ci tenga a minimizzare. «Il Pdl è assolutamente unito, c'è solo qualche contrasto interno», dice l'ex premier lasciando Palazzo Madama dove si sono riuniti i membri del Pdl che siedono nella Giunta per le elezioni che oggi si dovrebbe pronunciare sulla sua decadenza da senatore. In privato, però, Berlusconi è ben cosciente di quanto profonda sia la spaccatura, di quanto sempre più distanti siano le due anime.
Una rottura non solo politica ma anche umana, fotografata plasticamente nelle riunioni che nelle ultime 48 ore si sono susseguite a Palazzo Grazioli con momenti di alta tensione che - in situazioni diverse - hanno coinvolto tra gli altri Alfano, Verdini, Schifani, Fitto, Carfagna e non solo. Niente di strano in verità, perché lasciarsi dopo aver percorso la stessa strada per oltre un decennio non può essere indolore. Anche se lo strappo non è stato ufficializzato, infatti, sono tutti convinti che sia solo questione di ore. «So che è difficile perché sono stati fatti errori enormi dall'una e dall'altra parte ma io voglio provare a tenere tutti insieme», confida al telefono un Berlusconi che pare aver accusato il colpo. E ancora: «Dividerci non ha senso e l'elettorato non capirebbe».
Questo dice il Cavaliere a chi ha occasione di sentirlo. Eppure le due fazioni continuano ad essere sul piede di guerra. I falchi, non a caso, ancora ieri hanno continuato la raccolta di firme per «contarsi» nei gruppi parlamentari e sono arrivati quasi a cento firme su un documento di lealtà a Berlusconi. Una contromossa rispetto alla nascita dei nuovi gruppi dei fuoriusciti che ieri è stata solo rimandata a data da destinarsi. D'altra parte spiega uno dei registi dell'operazione anti-falchi oggi la Giunta vota la decadenza del Cavaliere da senatore e fra due settimane toccherà all'aula del Senato. Come a dire che per vincere la partita è sufficiente attendere.In effetti i prossimi giorni potrebbero essere decisivi. Si inizia oggi con la Giunta dove Berlusconi non si presenterà perché dice «siamo davanti ad una sentenza politica ed indegna architettata a tavolino per eliminare il leader del centrodestra».
Davanti alle telecamere, appena uscito da Palazzo Madama quando sono ormai quasi le otto di sera, il leader di Forza Italia ripete le ragioni per le quali la sentenza Mediaset è «fuori dal mondo» e «politica». «Sono convinto che dalla Corte europea sarò assolto», aggiunge l'ex premier ribadendo l'intenzione di chiedere la revisione del processo. Infine, torna a minimizzare le divisioni interne al Pdl, perché spiega «non vedo le cose che leggo sui giornali o sulle agenzie di stampa». E spiega al netto della spaccatura interna al partito e dei numeri che sarebbero comunque mancati - le ragioni che lo hanno portato a votare la fiducia al governo.
«L'abbiamo fatto dice perché nel suo discorso Enrico Letta ha dato delle assicurazioni sulle cose da fare ai nostri ministri». L'ultima battuta è per chi gli chiede se il voto della Giunta in programma oggi rappresenterà la fine del suo ventennio. «Magari, così mi riposo», taglia corto il Cavaliere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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