RomaToni soft, un umore decisamente più sollevato e una buona dose di ironia e di autoironia. Silvio Berlusconi, il giorno dopo il proscioglimento per avvenuta prescrizione nel procedimento Mills, si concede qualche battuta e qualche ragionamento sulla fine del «calvario» vissuto in questi mesi. Il presidente del Pdl ci tiene a non restituire l’immagine di un uomo costretto a stare sulla corda da un processo che ha sempre considerato come una costruzione lunare, una realtà parallela, un abito cucitogli addosso in maniera fantasiosa. Per questo a chi gli chiede se ora, chiuso l’ultimo capitolo dell’infinito assedio giudiziario, sia pronto a tornare in campo come prima punta, Berlusconi risponde tranquillo: «Ma io sono sempre stato in campo».
L’ex premier sorride quando legge i titoli dei quotidiani sul suo «25 a zero». Uno score quello delle sue assoluzioni che non cancella il record delle 2.600 udienze, un numero strabiliante che ripete a tutti i suoi interlocutori, incredulo per una cifra che, a suo dire, rappresenta la perfetta cartina di tornasole della persecuzione che ha vissuto dal giorno della sua discesa in politica. Insomma ufficialmente Berlusconi non vuole sentir parlare della sentenza Mills come punto di svolta anche se c’è chi, come Michaela Biancofiore, prova a toccare le corde dell’orgoglio. «La gioiosa macchina da guerra immaginata per il 2013 - dice la deputata di Bolzano - rischia di deflagrare ancora una volta innanzi al non luogo a procedere nei confronti dell’avversario di sempre. Berlusconi non li deluda, torni in campo per liberare l’Italia». L’ex premier, però, non si fa tentare e ribadisce che il suo ruolo resta quello del padre nobile. «Le conseguenze politiche della sentenza? Nessuna» dice, in una conversazione con il Secolo XIX. Piuttosto l’esito del processo «dimostra la situazione della magistratura in Italia: non potevano fare una sentenza di condanna perché non c’era nessuna prova. Una storia durata anni, con i termini di prescrizione spostati in avanti in maniera incredibile: si è arrivati pure a sostenere che il reato si compie non quando il corrotto riceve i soldi dal corruttore, ma quando comincia a spenderli».
Berlusconi, però, parlando con i suoi più stretti collaboratori, ammette che la sentenza più sull’attualità potrà «incidere sulla storia politica di questo Paese». Il ragionamento è semplice: ora che è stato spazzato via il «labirinto del sospetto», ci si potrà mettere al tavolo per avviare davvero una riforma della giustizia degna di questo nome. Un ragionamento che trova una perfetta consonanza con le parole dettate in mattinata da Pier Ferdinando Casini che vengono apprezzate da Berlusconi. «Basta con le polemiche tra guelfi e ghibellini» dice il leader Udc. «Il caso Mills è l’ultima pagina di una stagione irrimediabilmente finita. Ora cerchiamo di fare finalmente la riforma della giustizia». Una tesi che sposa anche Mariastella Gelmini. «Si è chiusa un’epoca, ora l’alibi delle leggi ad personam non regge più, è stato sgombrato il campo dai sospetti. Ora la classe politica deve assumersi fino in fondo le proprie responsabilità e aprire le porte a una vera riforma». Nei colloqui pomeridiani Berlusconi riceve anche gli aggiornamenti sull’andamento dei congressi, in particolare il dato sulla forte affluenza che si registra al congresso provinciale di Torino. Un elemento che suscita ovviamente soddisfazione.
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