Berlusconi: la crisi è nei fatti giochetti a sinistra sulla mia pelle

Lo sfogo a Palazzo Grazioli dopo il voto in Senato: la tensione è palpabile. L'ex premier amareggiato per il distacco dei suoi ministri: "Non abbiamo nulla da dirci, governo ostile"

Berlusconi: la crisi è nei fatti giochetti a sinistra sulla mia pelle

«E cosa dovremmo dirci?». È questa la domanda che Silvio Berlusconi butta lì quasi per caso un attimo prima di cancellare il pranzo in programma a Palazzo Grazioli con i ministri del Pdl. Non tanto perché la Giunta per il regolamento del Senato si è appena espressa per il voto palese, quanto perché il lungo faccia a faccia della sera prima con Angelino Alfano non è andato per niente bene. Al punto che quando nel pomeriggio incontra Denis Verdini e Sandro Bondi il Cavaliere non ci gira troppo intorno: «Angelino? Di tutto quello che mi ha detto ieri sera non ricordo nulla».
La tensione, insomma, è palpabile. Con Berlusconi sempre più convinto che il Pd stia «facendo di tutto per eliminarmi». Sono perfino arrivati a «stracciare le regole della democrazia» perché – si sfoga con chi ha occasione di vederlo – «la mia testa è ormai diventata una coccarda da mettersi addosso l'8 dicembre», giorno delle primarie del Pd. La decadenza del Cavaliere, insomma, sarebbe una sorta di trofeo che il nuovo segretario del Partito democratico Matteo Renzi consegnerà al suo elettorato.
Ecco una delle ragioni per cui Berlusconi è su tutte le furie. Perché nonostante Pd e Pdl convivano nella stessa maggioranza che sostiene il governo di Enrico Letta, l'obiettivo del premier e del futuro segretario del Pd è quello di liberarsi del Cavaliere e di farlo il più velocemente possibile. Una partita nella quale – dice ormai apertamente il leader di Forza Italia nelle sue conversazioni private – stanno giocando un ruolo chiave proprio i ministri del Pdl. È questo il motivo per cui Berlusconi li vede ormai lontanissimi, al punto di considerarli quasi degli estranei. Su di loro (due in particolare) Berlusconi non lesina critiche e forse solo Roberto Formigoni è riuscito in questi giorni a prendersi epiteti più coloriti di quelli riservati alla pattuglia governativa. Con l'eccezione di Alfano, perché se pure la tensione è palpabile e la delusione è grandissima, il Cavaliere continua a ripetere che «ad Angelino mi lega un affetto sincero». Nonostante questo, però, a fine giornata non si terrà l'annunciato faccia a faccia tra Berlusconi e il vicepremier. Il segno che evidentemente le incomprensioni continuano.
Berlusconi vede i cosiddetti falchi, incontra Gianni Letta e i capigruppo Renato Brunetta e Renato Schifani e prima di cena riceve il lealista Raffaele Fitto. La tentazione dello strappo c'è ed è strisciante per tutta la giornata perché l'ex premier si sente vittima di un vero e proprio «agguato» da parte del Pd. Ecco perché per tutta la giornata si attende una presa di posizione pubblica di Berlusconi, una nota ufficiale che si annuncia durissima. Ma che alla fine non arriva, segno che il Cavaliere non vuole dare pretesti ai suoi avversari. La rottura ormai è nei fatti, ma l'ex premier non vuole che possa essere attribuita a lui. Così sceglie la strada del silenzio e tace.
Ma è chiaro che lo showdown ormai si avvicina.

Il voto del Senato sulla decadenza di Berlusconi sarà calendarizzato per metà novembre ma sarà sulla legge di Stabilità che il Pdl farà ballare il governo. Un esecutivo ormai considerato «apertamente ostile». Come i ministri del Pdl e come il Quirinale. Ecco perché il Cavaliere promette che non farà più sconti a nessuno. A partire da Enrico Letta.

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