nostro inviato a Monza
Il Pdl sosterrà il governo Monti «finché prenderà provvedimenti nell’interesse del Paese e per ammodernarlo». Parola di Silvio Berlusconi. In caso contrario «ci prenderemo la libertà di intervenire criticamente verso ogni singolo provvedimento». Il leader del Pdl mette in guardia i tecnici: la loro azione che deprime l’Italia potrebbe non avere ancora a lungo l’appoggio della principale forza parlamentare. «Gravare di tasse il popolo, soprattutto su quel bene fondamentale che è la casa, induce pessimismo. E il pessimismo provoca meno consumi, meno produzione, meno lavoro. Il primo fattore di sviluppo è la fiducia delle famiglie».
Berlusconi parla a Monza, nella piazza del duomo, per sostenere la candidatura a sindaco di Andrea Mandelli, il presidente dei farmacisti italiani, «uno che come noi proviene dalla trincea del lavoro». È il suo unico intervento di questa campagna elettorale dominata dalla «lontananza dai partiti: «È il festival dell’antipolitica, la gente è confusa non sa chi e se votare in questa parentesi della democrazia». Una passeggiata nel centro cittadino, tra piazza Citterio e l’Arengario, memorie del passato e l’entusiasmo del presente, un bagno di folla che non si vedeva da tempo. La gente del centrodestra acclama «Silvio-Silvio» e copre qualche contestazione. Davanti al duomo, tra i gazebo del Pdl, il Cavaliere dà l’ultimatum al governo e si toglie un po’ di sassolini dalle scarpe, cosa che non faceva da tempo.
«Abbiamo accettato di sostenere i tecnici ritenendo che la disponibilità della sinistra a sedersi al tavolo per cambiare l’assetto istituzionale fosse un’opportunità da non far cadere - dice Berlusconi - L’Italia è ingovernabile dal 1948, il presidente del Consiglio ha un solo potere, quello di presentare disegni di legge che verranno stravolti dagli alleati, dal Parlamento, dal Quirinale, da Magistratura democratica e dalla Corte costituzionale».
L’architettura istituzionale non regge, i poteri sono troppo frazionati a danno di chi governa. «Devi allearti con i partitini, che non guardano all’interesse del Paese ma a quelli dei loro piccoli leader. Il presidente della Camera dev’essere disposto a mettere in calendario i provvedimenti, il che non è successo per esempio con la nostra riforma della giustizia. Il decreto legge d’urgenza è uno strumento in mano al Quirinale, dove un esercito di tecnici si esercita a fare emergere profili di incostituzionalità. Se la legge non piace alla sinistra o a Magistratura democratica, viene impugnata. E la Corte costituzionale, composta per 11 membri su 15 da personalità della sinistra nominate dagli ultimi tre capi dello Stato, immancabilmente la cancella. Dal 2005 al 2010 la Corte ha deciso 241 abrogazioni: nello stesso periodo l’analogo organismo americano è intervenuto cinque volte».
Per questo è necessario riformare le istituzioni. Spiega Berlusconi: «I sacrifici fatti dimettendoci sotto l’attacco smodato dell’opposizione e dei media porteranno a cambiamenti istituzionali. Qualcosa di positivo è stato fatto. O troviamo un accordo con la sinistra per fare sì che il premier italiano abbia gli stessi poteri dei colleghi occidentali, oppure l’Italia non si ammodernerà». Il Cavaliere elenca quattro paletti: nomina dei ministri attribuita al premier, libertà nella scelta se presentare disegni legge o decreti urgenti, varo delle leggi assegnato a un solo ramo del Parlamento, nuovi meccanismi per nominare i giudici costituzionali.
Berlusconi replica anche a quanti gli rimproverano di aver sottovalutato la gravità della crisi. «Sapevamo che la situazione non era brillante. Ma il primo fattore che determina una crisi è psicologico. Il governo non può indurre la gente al pessimismo. Se gravi di tasse i cittadini, soprattutto su quel bene primario che è la casa, la conseguenza sono meno consumi, meno produzione, meno lavoro. Cioè la recessione. Il primo fattore di sviluppo è la fiducia delle famiglie», minata dagli interventi dei tecnici.
Nell’ultimatum a Monti c’è anche uno spiraglio per la Lega. «Mai stata rottura tra noi - dice il Cavaliere - sono sempre rimasto in contatto con Bossi e Maroni. Non esiste frattura, ma un dissenso su questo governo. E alcune ragioni fondate la Lega le aveva».
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