RomaColpo di scena, il Pdl andrà avanti con Silvio Berlusconi. E con le primarie. È il Cavaliere stesso a «rifondare» il suo partito al termine di una giornata drammatica in cui a lungo era sembrato accompagnarlo in discarica. Invece no. D'accordo, quello che per molta parte degli anni Novanta e per tutto lo scorcio del nuovo millennio è stato il primo partito italiano ora non lo è più, né si sa che cosa sarà. Ma un dato oggi c'è: il suo padre fondatore per ora vive e lotta con lui.
È stato un giovedì lunghissimo, in cui il Pdl è stato disfatto e rifatto più volte. Prima tappa il tavolo delle regole, in cui viene redatta la bozza per lo svolgimento delle primarie. Il fermo immagine è questo: Angelino Alfano le vuole, Silvio Berlusconi le vede come il fumo negli occhi, forse addirittura le fa saltare. Così, quando nel pomeriggio a Palazzo Grazioli si riunisce l'ufficio di presidenza, sembra davvero poter accadere di tutto. E le voci che si succedono frenetiche descrivono un clima da lunghi coltelli. Raccontano di un Berlusconi che scolpisce l'epitaffio del partito («Siamo orgogliosi della nostra storia»), che svuota le primarie definendole «non salvifiche», che chiede uno «choc, volti nuovi», che mostra sondaggi disastrosi, che lascia le responsabilità tutta sulle spalle di Alfano. Il quale ha l'horror vacui («non voglio essere candidato al nulla») e poi chiama tutti alle armi: «Bisogna uscire da qui con una decisione, non siamo mica barzellettieri. Io accetto la sfida delle primarie, altrimenti qual è l'alternativa? Forse qualche gelataio o ex presidente di Confindustria, che nei sondaggi va peggio di noi?».
Insomma, scene da un partito che evapora. Ma quando Berlusconi esce da Palazzo Grazioli e incontra la stampa racconta un'altra storia. «Le primarie si faranno, tra me e Angelino Alfano c'è una totale condivisione di visioni. Non è mai successo di trovarci uno contro l'altro. Gli voglio bene come a un figlio», taglia corto il Cavaliere. Le uniche differenze avrebbero riguardato le regole della competizione: «Io avevo fatto una proposta diversa, semplice e democratica: far votare per la scelta del nostro candidato leader gli iscritti al Pdl, e chi non era iscritto poteva iscriversi attraverso un call center, in dieci giorni. Alfano ha portato avanti la tesi che le primarie sarebbero state positive votando in più di cento città italiane e questo sarebbe stato un utile strumento per riavvicinare i nostri elettori». Alla fine l'ha spuntata Angelino. Primarie per la premiership («se si andrà a votare con questa legge elettorale», precisa l'ex premier) ma anche per dare «un nuovo volto» al partito «su nuove tesi programmatiche». Lui, l'ex premier, parteciperà a molte convention «ma per spiegare le cose che abbiamo fatto e non per sostenere qualcuno».
È un Berlusconi provato ma fiducioso quello che esce da quasi sei ora di «interventi a cuore aperto». Se guerra è stata, sicuramente è servito a ritemprarlo. Un Berlusconi che per l'ennesima volta nella sua storia politica non lascia ma raddoppia: «Dall'ufficio di presidenza ho potuto constatare la fiducia di tutti di poter segnare ancora la storia del Paese e il grande orgoglio per il nostro passato». Gli chiedono se correrà da solo, lui taglia corto: «Io non ho mai pensato a una mia lista. Mi è stata attribuita dai giornali». Tirano in ballo la sua disillusione, lui parla di «disgusto generale» che trae origine anche «dal fatto che c'è un governo di tecnici che si è installato al posto di un governo voluto da cittadini». Gli domandano di Monti e lui lo rottama: «Non faremo la campagna elettorale contro Monti perché, tra l'altro, non sarà più in campo, almeno stando alle sue dichiarazioni». Gli domandano di Gianpiero Samorì e lui minimizza: «L'ho incontrato una volta sola e nemmeno sapevo che fosse interessato alla politica». Il voto? «Sarà ad aprile, è questa l'indicazione del Quirinale. Ma spero in un election day per politiche e regionali».
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