«Buona domenica e buona rivoluzione». Così Silvio Berlusconi ieri si è congedato dalla platea del convention «DifendiAmo l'Italia» con cui si è collegato telefonicamente. Un chiaro segnale che Silvio Berlusconi non intende arrendersi aglio attacchi politico-giudiziari.
«La situazione attuale è preoccupante: siamo governati dal terzo governo non eletto e siamo soggetti ad una dittatura della sinistra giudiziaria», ha detto. Il quadro politico è molto preoccupante: l'esecutivo di centrosinistra guidato da Matteo Renzi non è legittimato dal corpo elettorale e la magistratura, il 10 aprile prossimo, sferrerà l'ultimo attacco al leader del centrodestra determinando la modalità di esecuzione della sua kafkiana condanna.
Esistono, quindi, tutte le condizioni per definire tutte queste circostanze come pura e semplice eversione. «Noi sappiamo qual è la nostra situazione, abbiamo subito quattro colpi di Stato in 20 anni», ha aggiunto Berlusconi. Anche se non si sono «visti i carri armati, come vogliamo chiamare il capovolgimento della volontà espressa dai cittadini alle urne?», si è chiesto retoricamente colui che ha subito i ribaltoni di Scalfaro e l'attacco politico-mediatico-giudiziario che nel 2011 lo costrinse a lasciare Palazzo Chigi, ultimo presidente del Consiglio indicato dai cittadini.
Per questi motivi, ha spiegato, è necessario «unire tutti gli sforzi delle persone che amano la libertà». L'immediata riorganizzazione di un centrodestra messo a dura prova da una serie di fattori avversi (i falli a gamba tesa dei magistrati, il populismo mediatico di Renzi e, soprattutto, le divisioni tra le diverse anime della coalizione) è la sfida da vincere per avviare finalmente quel cammino di riforme che le resistenze conservatrici del Pd per ora bloccano (sia sul versante della legge elettorale che dell'abolizione del Senato) nonostante l'adesione di Forza Italia.
La nuova «rivoluzione» che Berlusconi intende promuovere si basa, perciò, su una investitura diretta e popolare della guida del Paese. «Dobbiamo far sì che il presidente della Repubblica sia eletto dai cittadini direttamente e non dai segretari di partito», ha affermato il Cavaliere. C'è la necessità di una riforma costituzionale che garantisca «governabilità» e consenta al premier «gli stessi poteri dei suoi colleghi» stranieri.
Il riformismo berlusconiano, fondandosi sul consenso popolare, non prevede estenuanti mediazioni e dunque non lascia margini per le piccole formazioni i cui esponenti sono più avvezzi alla cura del proprio tornaconto che di tutto il resto. «Una democrazia può essere ben amministrata solo col bipolarismo», ha ricordato sottolineando che «non bisogna votare per i piccoli partiti che non guardano agli interessi del Paese ma ai loro interessi particolari», a partire da quello «di stare sulle sedie giuste».
Dopo la bocciatura del «pastrocchio» renziano sul superamento del Senato, Berlusconi ha elencato le priorità. «Serve la riforma della burocrazia e una riforma fiscale visto che siamo i cittadini che pagano più tasse al mondo. Poi c'è la riforma delle riforme, quella della giustizia», ha dichiarato. Solo un governo di centrodestra può portare avanti questo programma.
Una compagine che, per ora, non includerà i figli del Cav. «Escludo si candidino a queste elezioni», ha detto ieri sera a Che tempo che fa il consigliere politico Giovanni Toti.
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