RomaBerlusconi fa fare marcia indietro alla marcia anti pm di Milano. La spiegazione in nota: «Ho ritenuto, pur ringraziando di cuore tutti i parlamentari per la loro dimostrazione di fiducia e di affetto, di chiedere di soprassedere a tale iniziativa per il rispetto che ho sempre portato alle istituzioni repubblicane - si legge nel comunicato -. Sono grato al segretario del Pdl che ieri ha deciso che si svolgesse una manifestazione di solidarietà verso di me». Poi la precisazione: «Ho visto che i soliti giornali attribuiscono a me questa iniziativa che invece è nata spontaneamente nel dialogo tra la base e i vertici del nostro movimento. In effetti questa mattina, mi sono state rappresentate le modalità con le quali si sarebbe svolta domani questa manifestazione... Apprese queste modalità - afferma quindi Berlusconi - ho ritenuto, pur ringraziando di cuore tutti i parlamentari, di chiedere di soprassedere a tale iniziativa». La quale sarebbe stata una richiesta «determinata e clamorosa, a nome di quel terzo degli italiani che la nostra coalizione rappresenta, di trasferire tutti i procedimenti che mi riguardano in altra sede diversa da Milano, giudicata in base ai comportamenti di questi ultimi 19 anni pregiudizialmente nemica di Silvio Berlusconi, come persona e come leader politico».
Perché il dietrofront? Di sicuro per non esacerbare gli animi già accesi e non gettare ulteriore benzina su un rapporto con le toghe sempre più incandescente. Non è escluso che nella decisione finale un ruolo fondamentale lo abbia avuto lo stesso presidente della Repubblica, capo anche del Consiglio superiore della magistratura. Sta di fatto che, questa volta, spetta a Berlusconi gettare acqua sul fuoco. E il fuoco sarebbe stato bello grosso visto che l'esercito pidiellino s'era messo in moto già ieri. Destinazione: il palazzo di giustizia di Milano. Per la prima volta nella storia della Repubblica, tutti i parlamentari eletti di un partito si erano dati appuntamento fuori dal tribunale per gridare lo scandalo di una giustizia smaccatamente politicizzata. Un grido muto. «Sfileremo in silenzio», giurava l'ex ministro Mariastella Gelmini. Sarebbero stati in tanti, tantissimi. Se non ci fossero state defezioni, avrebbero sfilato 98 senatori e 97 deputati per un totale di 195 neo eletti. Appuntamento alle 10 del mattino, quando Ilda la rossa inizierà la sua requisitoria al processo Ruby. Assente l'ex premier Berlusconi, bendato in una camera del San Raffaele e schiaffeggiato dalla pm che lo ritiene un malato immaginario. Da qui la forzatura della visita fiscale e il conseguente «no» al legittimo impedimento. Un atto di guerra cui il partito era pronto a rispondere con un altro gesto forte. A brigante, brigante e mezzo.
Senza lo stop del Cavaliere, avrebbero sfilato tutti i parlamentari arrivati da ogni angolo della Penisola: dal Friuli alla Sicilia. In piazza sarebbe sceso pure Francesco Colucci, classe 1932, eletto in Senato, che con i suoi 81 anni aveva giurato: «Alla manifestazione? Certo che ci sarò». Il senatore Guido Viceconte era già arrivato a Milano dalla lontana Basilicata, così come il sardo Emilio Floris; mentre molti pugliesi avevano già prenotato il biglietto per l'alba di oggi. Tra questi, Francesco Paolo Sisto che sottolinea: «Se persino uno come Felice Casson, ex pm non certo amico del Pdl, ha detto che la visita fiscale è stata una forzatura...».
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