Roma - Passati tre mesi, s’inverte lo schema. E se all’inizio era decisamente il Pdl l’azionista più freddo del governo Monti, da ieri la palla è ufficialmente nel campo del Pd. D’altra parte, la frenata di Pier Luigi Bersani sulla riforma del mercato del lavoro non è di quelle che passano inosservate. Non solo perché il segretario del Pd parla ai microfoni del Tg3, ma pure perché sul punto non ci gira troppo intorno. «Non condivido la tesi di andare avanti anche senza accordo. Se non ci sarà un’intesa - dice - il Pd valuterà in Parlamento quel che viene fuori sulla base delle nostre proposte». Bersani, insomma, non esita a dire di non essere d’accordo con Mario Monti quando parla di una riforma anche senza accordo e avverte che il voto del Pd non è per nulla scontato.
Già, perché per Bersani quello di una riforma non sostenuta da tutti i sindacati è uno scenario da incubo, anche perché Nichi Vendola e Sel hanno già fatto sapere di essere pronti a scavare le trincee.
Speculare - e ovviamente opposta - la posizione del Pdl. Che storicamente sul punto ha idee molto diverse dal Pd, ma che forse vede anche nel dibattito in corso la possibilità di smarcarsi rispetto alle difficoltà degli ultimi mesi. Quando era a via dell’Umiltà che ci si divideva sulla bontà delle liberalizzazioni e sul sostegno al governo. Così, quando Silvio Berlusconi, Gianni Letta e Angelino Alfano oggi andranno a Palazzo Chigi per pranzare con il premier e fare il punto della situazione non c’è dubbio che gli chiederanno di «andare avanti» sulla riforma del mercato del lavoro. E non solo se è vero che il Cavaliere vorrebbe chiedere a Monti di aprire anche il delicato capitolo della riforma della giustizia. «Diremo al presidente del Consiglio - spiega il segretario del Pdl - di proseguire senza timidezza sulle riforme. Se un partito ha deciso di appoggiare il governo, lo ha fatto perché sa che l’esecutivo non si farà condizionare». Eppoi, per dirla con le parole di Fabrizio Cicchitto, «questo non può certo essere un governo che in ultima analisi dipende dalle valutazioni della Cgil».
Nel faccia a faccia, però, è probabile anche che Berlusconi chieda a Monti di conoscere quali saranno i prossimi provvedimenti del governo, una sorta di road map di quella che dovrebbe essere la «fase 2». Il tutto in un clima di collaborazione, visto che il Cavaliere continua a ripetere che «non si può fare altro che sostenere responsabilmente Monti» perché non sarà facile superare la crisi. Uno che di economia se ne intende come Guido Crosetto, per esempio, è convinto che ne sentiremo le conseguenze per altri dieci anni.
Se davvero sarà così e se davvero Monti continuerà sulla strada delle riforme senza troppe proteste, alle elezioni del 2013 sarà difficile non fare i conti con l’eredità del Professore e dei suoi tecnici. E anche se ad oggi pare francamente difficile prospettare scenari - Monti di nuovo a Palazzo Chigi, Monti al Quirinale, Monti alla guida della Commissione Ue e via dicendo - non c’è dubbio che Berlusconi voglia evitare di lasciarlo alla sinistra.
Ecco perché, nella testa del Cavaliere, resta l’idea di cambiare comunque il Pdl lasciando spazio ai giovani e cercando di attrarre la società civile. Anche se, probabilmente, se ne parlerà dopo le amministrative che ieri sono state al centro di un vertice serale a Palazzo Grazioli tra l’ex premier e i vertici di via dell’Umiltà.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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