Strappo. Nelle ultime ore la trattativa con il Quirinale subisce una brusca frenata. Berlusconi, che resterà ad Arcore fino a giovedì e probabilmente oltre, non ci sta. Non ci può stare. Capisce le ragioni dei figli, che cercano di persuaderlo a cedere per evitare l'onta degli arresti domiciliari o i servizi sociali; capisce le ragioni degli uomini Mediaset che lo mettono in guardia dalle possibile ripercussioni sulle aziende qualora il governo franasse; capisce le ragioni delle colombe che le provano tutte per trattare una resa dignitosa. Ma Berlusconi non ci sta. Almeno, ieri questo era il mood.
Il suo ragionamento: «Sono anni che sono responsabile: ho fatto nascere il governo delle larghe intese; auspico la pacificazione nazionale ma loro vogliono soltanto eliminarmi dalla scena politica per prendere il potere. Non ci sto». Con quel «loro», il Cavaliere si riferisce sia al Pd sia a Napolitano. Sono proprio le ultime notizie che arrivano dal Quirinale a far precipitare la situazione e trasformare il Cavaliere da supercolomba a superfalco. In pratica il Colle non è disposto a muoversi di un millimetro dalla nota dello scorso 13 agosto, opponendo una sfilza di non possumus: non si può fermare la magistratura, non si può interferire sui lavori della giunta, non si può fare nulla di più che valutare la grazia, ma soltanto previa domanda e quindi ammissione di colpa. Quindi, niente da fare. Il Cavaliere scuote la testa: vogliono che mi faccia da parte; che non reagisca alla clamorosa ingiustizia subita; che inizi a scontare la pena; che ammetta che sono un delinquente quando non è vero; che chieda scusa per una colpa che non ho; che resti in balìa dei giudici di sinistra che mi vogliono vedere morto; in più, che garantisca lunga a vita al governo per il bene della Nazione. Non possono chiedermi tanto. «Se pensano di eliminarmi così si sbagliano di grosso - ripete il Cavaliere in versione falco -. La mia dignità come uomo, prima che come politico, mi impone di resistere». E ancora: «Come faccio a garantire la stabilità di governo se il mio alleato mi accoltella nella schiena? Impensabile». E le nubi tornano ad addensarsi sopra palazzo Chigi.
Ieri, ad Arcore, si respirava più aria di guerra anche perché a villa San Martino arrivano lettere di militanti che implorano al Cavaliere di non mollare. Giusto ieri è arrivata a destinazione una lettera dell'avvocato Giuseppe Lipera, già amico di Enzo Tortora, definito «emblema della malagiustizia italica». «Combattiamo per Lei e con Lei il male che ha distrutto l'Italia (la malagiustizia, ndr). Stanno nascendo ovunque circoli, comitati, associazioni spontanee pro Berlusconi e fra questi il giovane Roberto Posenato di Brescia che ha organizzato per il prossimo 21 settembre una manifestazione a Coccaglio (Brescia) in suo favore». Insomma, c'è già aria di campagna elettorale.
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