Berlusconi: «Resisterò a tutto Ma sul governo decide il Pdl»

L'amarezza dopo la sentenza: io innocente, vogliono Piazzale Loreto. Difficile conciliare pacificazione e pm impazziti. In forse il vertice con Letta di oggi

Silvio Berlusconi in piazza del Popolo
Silvio Berlusconi in piazza del Popolo

È un Cavaliere di pessimo umore quello che risponde alle tante telefonate di solidarietà che nel pomeriggio intasano il centralino di Arcore. Un Berlusconi a tratti scoraggiato, perché una sentenza del genere non l'aveva immaginata neanche nei suoi peggiori incubi: sette anni di reclusione, uno in più di quanto chiesto dalla procura, e l'interdizione perpetua dai pubblici uffici. È il primo grado, certo, ma la botta è di quelle che si fanno sentire. Per il tipo di reato contestato, ma - è una delle riflessioni che fa l'ex premier con chi ha occasione di sentirlo - perché «sono riusciti a darmi una condanna spropositata nonostante non esista lo straccio di una prova o di un testimone». Di più, i circa trenta testi che non hanno confermato la ricostruzione del pm ora rischiano un processo per falsa testimonianza. «Come nei migliori regimi», si sfoga in privato Berlusconi. E ancora: «Neanche fossimo in Unione Sovietica...».

Il Cavaliere, a dire il vero, aveva messo in conto una sentenza non favorevole, ma mai si sarebbe aspettato tanto, l'ultimo atto di quella che non esita definire «una persecuzione che ha il solo obiettivo di farmi fuori». La verità, si era sfogato qualche giorno fa con un parlamentare di lungo corso, è che «nonostante io stia lavorando con tutte le mie forze per una pacificazione c'è ancora chi vuole piazzale Loreto». Ecco, la sentenza di ieri e il suo essere incredibilmente sproporzionata - per l'omicidio a La Sapienza della studentessa Marta Russo, faceva notare il pd Adinolfi, Scattone e Ferraro sono stati condannati rispettivamente a sei e quattro anni - ha amareggiato non poco Berlusconi. Tanto che per la prima volta il leader del Pdl ha iniziato a mettere in discussione il sostegno all'esecutivo. «Deciderà il partito se davanti a quanto sta accadendo siamo ancora in grado di appoggiare il governo», ripete a più di un interlocutore. Certo, eventuali strade alternative sono impervie, soprattutto perché Napolitano non ha alcuna intenzione di rimandare il Paese alle urne e il rischio che si crei una nuova maggioranza Pd-M5S è concreto. Ma è pur vero, come dice Bonaiuti, che «qualcosa va fatto» perché «non possiamo restare inermi».

Per Letta, insomma, arriva il primo warning. Tanto forte che oggi Berlusconi potrebbe far saltare il faccia a faccia pomeridiano già in programma con il presidente del Consiglio (la riunione del gruppo Pdl della Camera, invece, è stata rinviata a data da destinarsi). D'altra parte - è il senso dei ragionamenti fatti dal Cavaliere - è necessario riflettere con calma sul da farsi perché - spiega Bondi - «è assurdo pensare che l'attuale governo possa lavorare tranquillamente mentre un sistema giudiziario impazzito massacra il leader di uno dei partiti che lo sostengono». E se alla fine l'incontro con Letta sarà confermato, sarà proprio questo che gli andrà a dire Berlusconi: «Come può esserci la pacificazione se ci sono magistrati che violano palesemente la legge pur di farmi fuori?». Un problema, questo, di cui il premier dovrà necessariamente farsi carico.

Non a caso, è proprio del destino del governo che il Cavaliere non parla nella breve nota che segue la sentenza di condanna. Decisamente rivista rispetto alla bozza preparata in mattinata, quando ancora non ci si aspettava un verdetto tanto duro. «Ero veramente convinto che mi assolvessero perché nei fatti non c'era davvero nessuna possibilità di condannarmi. E invece è stata emessa una sentenza incredibile, di una violenza mai vista né sentita prima, per cercare di eliminarmi dalla vita politica di questo Paese», affonda il Cavaliere.

E ancora: «Non è soltanto una pagina di malagiustizia, è un'offesa a tutti quegli italiani che hanno creduto in me. Ma io, ancora una volta, intendo resistere a questa persecuzione perché sono assolutamente innocente e non voglio abbandonare la mia battaglia per fare dell'Italia un Paese davvero libero e giusto».

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