Berlusconi in un solo giorno mette alla prova partito e alleati

Stasera manifestazione sulla giustizia ad Arcore. Poi valuterà la tenuta della maggioranza su nomine e scelte economiche

Il Cavaliere Silvio Berlusconi in piazza del Duomo a Brescia
Il Cavaliere Silvio Berlusconi in piazza del Duomo a Brescia

La pax berlusconiana è durata molto meno del previsto. E solo 48 ore dopo il venerdì di passione in cui la truppa dei cosiddetti «governativi» aveva chiesto al Cavaliere di prendere formalmente le distanze dai falchi del Pdl pare che lo schema si sia già completamente ribaltato. Perché, spiega uno dei più critici verso il governo Letta, «il preside si è limitato a dar retta a quei cinque scolaretti che sono andati a piangere miseria da lui». Tradotto: i cinque ministri del Pdl Alfano, Quagliariello, Lupi, Lorenzin e De Girolamno si sono presentati a Palazzo Grazioli da Berlusconi lamentando le troppe critiche al governo che arrivano da una fetta importante del partito e minacciando di dimettersi e l'ex premier li ha tenuti buoni come poteva.
Li ha rassicurati, ha garantito che il sostegno all'esecutivo non è in discussione e ha perfino ripetuto il concetto davanti alle telecamere del Tg1 perché non ci fossero dubbi. Di più: ha alzato il telefono e proprio davanti ai ministri ha chiamato alcuni dei falchi invitandoli a tenere posizioni più prudenti rispetto all'esecutivo. C'è chi non l'ha presa bene, perché - si è sfogato in privato un ex ministro - «io ho sempre detto quel che penso e di sentirmi additato come un sabotatore proprio non mi va». Ma c'è anche chi ha avuto un approccio più sportivo e ben conoscendo il Cavaliere ha incassato limitandosi a un «ma doveva farli contenti...».
Berlusconi, insomma, continua a restare a metà strada tra falchi e colombe. Ripete che il sostegno al governo non può essere messo in discussione ma non riesce a non puntare il dito contro la staticità dell'esecutivo che, soprattutto sul fronte economico, «non si muove». Non è un caso che la scorsa settimana e per la prima volta dall'insediamento del governo Letta il Pdl si sia visto sorpassare nei sondaggi dal Pd (+0,5%), segno che l'elettorato del centrodestra inizia a non gradire il fatto che su alcuni temi della campagna elettorale (cancellazione dell'Imu e stop all'Iva) ci sia stata una netta frenata. D'altra parte, è chiaramente un segnale il fatto che il Pdl abbia guadagnato 3 punti dopo che l'esecutivo ha fatto suo la risoluzione di Capezzone su Equitalia.
Tutti segnali che Berlusconi coglie. Ecco perché le prossime 24 ore saranno determinanti. Oggi alle 18 è prevista la manifestazione del Pdl sotto villa San Martino. Consiglieri provinciali e regionali, parlamentari ed eurodeputati si sono dati appuntamento sotto casa del Cavaliere ad Arcore per manifestargli la loro solidarietà dopo quello che ormai sia i falchi che le colombe definiscono «l'assedio giudiziario» a Berlusconi. Il Cavaliere ha dato il placet alla manifestazione di piazza e - almeno a ieri sera - l'intenzione è quella di uscire dai cancelli di villa San Martino, ringraziare i presenti e dire due parole due sulle note vicende giudiziarie. Un discorso, insomma, che a seconda di quanto sarà tarato potrebbe essere più o meno devastante. Sempre che le colombe alla Gianni Letta alla fine non lo convincano a tenere un profilo meno movimentista.
Ma l'altro appuntamento determinante è quello di domani, quando la Camera si pronuncerà sulla vicepresidenza di Montecitorio alla Santanchè. Il Pd si è infatti messo di traverso, ma la partita rischia di essere decisiva. La carica spetta infatti al partito di via dell'Umiltà e i democrat non hanno alcun titolo per opporsi. Una bocciatura della Santanchè, insomma, legittimerebbe i falchi ad andare alla guerra. Ecco perché la riunione del gruppo parlamentare del Pdl alla Camera in programma mercoledì (quella chiesta da Fitto dieci giorni fa) è ancora tutta da decifrare.

Potrebbe essere il redde rationem dei falchi, come uno dei tanti vertici senza troppe novità. Di certo c'è che la tensione è altissima. Al punto che la Santanchè ha replicato ad Alfano senza troppi giri di parole: «Lui segretario? No, a noi basta Berlusconi presidente».

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