Berlusconi ora sorride: «Come volevasi dimostrare. Sulle riforme istituzionali dove va Renzi senza di noi?». Questo il mood a palazzo Grazioli dopo l'epurazione dei dissidenti dem e la conseguente spaccatura del Pd. Il Cavaliere è sconcertato per come il premier ha spazzato via la minoranza interna e non esita a sussurrare che «l'avessi fatto io ci sarebbe la gente in piazza a protestare per l'attentato alla Costituzione». Tuttavia l'ex premier non può che essere soddisfatto per quanto emerso in modo palese: il Pd è in frantumi e Renzi può fare il caterpillar quanto vuole ma i numeri non li ha. Ergo: «sulle riforme dovrà trattare con noi. E il nostro potere contrattuale ora è decisamente aumentato», confida un big azzurro.
Non solo: in Forza Italia si pensa che i 14 senatori piddini che si sono autosospesi in realtà sono soltanto i primi usciti allo scoperto ma ci sono altri dissidenti in sonno pronti a dire «adesso basta» di fronte ai colpi di mano del premier. E questo al netto di eventuali «soccorsi» che potrebbero arrivare da altri gruppi parlamentari desiderosi di salire sul carro renziano. E al netto, pure, di una sorta di trattativa sotterranea tra il ministro Boschi e la Lega, anticipata da un articolo de La Stampa. Indiscrezioni non smentite e confermate da un Calderoli in gran forma a Palazzo Madama. Si vocifera di un appoggio del Carroccio in cambio di alcune bandierine care al partito di Salvini, specie in materia di riforma del titolo V che regola i poteri tra Stato e regioni. «Ecco la Lega inaffondabile», scherzava Casini. Risposta di Calderoli: «... che detto dall'uomo-sughero è un gran complimento».
Al di là delle battute, Berlusconi è convinto di rientrare a forza nella partita delle riforme, a prescindere dall'eventuale stampella leghista. Eventuale perché, tra gli azzurri, si ripete: «Salvini che salva il premier? Sembra una barzelletta. La Lega deve la sua fortuna proprio perché ha accentuato il suo essere opposizione». Qualcuno dice che Renzi e l'ex premier potrebbero vedersi la prossima settimana per trovare la quadra sulla riforma del Senato ma la data ancora non c'è. Se ci sarà, sarà Verdini - ieri in Toscana - a pianificare l'eventuale incontro per rinnovare il patto del Nazareno. E questa volta i rapporti di forza pendono a favore degli azzurri vista la compattezza stile wafer del Pd. Le richieste di Forza Italia sono note: Senato elettivo o comunque che non sia un dopo lavoro per i sindaci; l'ideale sarebbe che l'elezione dei membri del Senato venga fatta con quella dei Consigli regionali ma con listini a parte; e poi l'elezione diretta del capo dello Stato. Senza entrare nel merito, il Cavaliere ripete: «Il testo base del governo così com'è non lo voteremo mai. Si deve trovare una mediazione e cambiare. Noi ci stiamo se la riforma serve al Paese, altrimenti Renzi non conti su di noi».
Ma Berlusconi non ha fretta. Lascia che il Pd si maceri da solo nello psicodramma dell'ennesimo congresso permanente. Infatti Giovanni Toti dice: «Spero che l'episodio di oggi riporti il cammino delle riforme su un progetto davvero concordato e condiviso e spero che il Pd possa un giorno terminare questo lunghissimo congresso che dura ormai da alcuni anni. Una volta c'era la lunga marcia ora c'è il lungo congresso».
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