Roma - «In politica tante ne dai e tante ne prendi». È un avvertimento secco e poco conciliante, quello che arriva a Monti da Pier Luigi Bersani. Il Professore, secondo il leader Pd, è «un po' troppo suscettibile», e deve imparare che «chi dà bacchettate non si può aspettare carezze».
Le ultime polemiche lanciate dal premier al Pd (soprattutto quell'accusa di «infantilismo» e quell'equiparazione al Pdl nell'aver ostacolato il governo tecnico sulle riforme) hanno lasciato il segno, e ora i democrat sono pronti ad alzare il tiro contro Monti, nell'ultima fase di campagna elettorale. Anche perché la querelle sul voto «utile» in Lombardia, e il fatto che il Professore abbia chiuso le porte ad ogni ipotesi di appoggio «disgiunto» al candidato di centrosinistra Ambrosoli ha contribuito non poco ad alimentare la tensione con chi - tra due settimane - potrebbe diventare l'alleato indispensabile per tenere in piedi una maggioranza. Il Pd (fiancheggiato attivamente da Repubblica) cerca di chiamare a raccolta tutti i «dissidenti» che possono dare una mano a sostenere il suo candidato contro Maroni e le liste Pd nel voto a rischio del Senato, alimentando la diaspora nelle formazioni intermedie: ieri sull'Unità campeggiava una intervista a Basilio Rizzo, presidente del Consiglio comunale di Milano e sostenitore di Ingroia, che invita a votare Bersani e non Rivoluzione civile al Senato proprio per evitare «l'inciucio» con Monti: «Preferisco mettere Bersani nelle condizioni di poter fare un governo di centrosinistra e basta e non di centrosinistra con il centro».
Mentre Pietro Ichino, candidato lombardo numero due al Senato con i montiani, interpellato da Repubblica lasciava intendere che sia meglio sostenere Ambrosoli piuttosto che Albertini alla Regione: «Per me vale il precetto kantiano: Fai quello che riterresti giusto che fosse fatto da tutti coloro che si trovano nella tua condizione». Ce n'è abbastanza per mandare in confusione gli elettori, e per far crescere la tensione tra potenziali alleati. Tanto più che alle uscite pubbliche si aggiungono voci su trattative riservate tra il Pd e Mario Monti: sostegno a Scelta civica al Senato in cambio del voto dei montiani al candidato del centrosinistra al Pirellone, Umberto Ambrosoli. «Ci si tenga fuori da questi ragionamenti tutti politicisti», taglia corto dalla Lombardia il segretario del Pd. Che assicura: «Non ho intenzione di far tavoli o tavolini con Monti.
Penso che la gente sia matura e possa valutare da sé, non ha bisogno di nessuno che gli detti il compito». Che è anche un modo per lanciare un avvertimento al premier uscente: se l'alleanza post-voto sarà indispensabile, causa numeri al Senato, non pensare di dettarci condizioni capestro. Perché tra l'alternativa di tornare presto al voto e quella di dare manforte alla maggioranza, molti dei tuoi eletti sceglieranno comunque la seconda. Insomma, come spiega un dirigente Pd, «l'alleanza montiana, come si è visto anche negli ultimi giorni, è molto eterogenea, e ha un'ala filo-centrosinistra che in Parlamento potrebbe accorrere comunque in sostegno del vincitore. Indipendentemente da Monti, e pure da Casini».
Per questo Bersani dice a muso duro al Professore che «io non prendo lezioni da nessuno» perché «noi abbiamo molta più solidità di altre coalizioni che sono mimetiche, e che non sono in grado di far vedere una foto di gruppo». Come il Centro montiano, appunto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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