Roma - Pier Luigi Bersani detta il suo programma dei cento giorni. Sfidando la scaramanzia e indulgendo a viso aperto nel più classico peccato di superbia contro il Fato, il segretario del Pd, in un colloquio con Pubblico, annuncia le sue riforme in caso di vittoria. Un piccolo vademecum che serve sostanzialmente a scaricare i tecnici e a mettere nero su bianco il futuro cambio di rotta rispetto ai provvedimenti del governo Monti votati dallo stesso Pd in questo scorcio finale di legislatura. Il titolo apre già una finestra sulle sue intenzioni: «Sul welfare pronto a cambiare le riforme dei tecnici». Indicazione che suscita qualche brivido in tempi di crisi, con la riforma Fornero che ha già contribuito a irrigidire il mercato del lavoro e ha convinto il 93% delle piccole aziende a bloccare i contratti a progetto senza sostituirli con altre fattispecie.
«Sul welfare ho in mente una serie di provvedimenti che leghino il lavoro alla produttività» annuncia il segretario di Via del Nazareno. «La flessibilità non può essere intesa come precarizzazione e rimandare quindi a quella miriade di contratti di lavoro che ci sono ancora».
Il secondo punto della «Bersani's List» è quello relativo all'introduzione dello ius soli, ovvero l'automatismo «nasci in Italia, sei italiano», al di là che tu lo voglia o meno, che i tuoi genitori conoscano la lingua italiana o che ci sia un percorso di integrazione. «Se toccasse a me il primo giorno farei un provvedimento che riconosca come cittadini italiani tutti i figli degli immigrati nati in Italia». Nel mirino del segretario c'è anche la modifica della legge 40 e ovviamente il conflitto di interessi «con una legislazione antitrust vera, che riguardi soprattutto il mondo della comunicazione».
Il colloquio si sposta poi sulla legge elettorale. Con Bersani che definisce «illusi tutti quelli che premono su un sistema proporzionale puro avendo in mente la Grande Coalizione», perché «non si rendono conto che portano il Paese in una palude». Ma «se qualcuno pensa che io mi metta a fare una maggioranza insieme a Berlusconi, si sbaglia di grosso». Un'uscita che provoca prima l'immediata battuta di Gianfranco Rotondi: «Bersani non fa coalizioni con Berlusconi? E il governo Monti cosa è stato, una scappatella?», poi la stoccata di Simona Vicari: «Bersani pensi alle primarie e a Renzi, altrimenti alla fine un accordo lo dovrà davvero fare. Ma col sindaco di Firenze e per non sparire dalla scena politica». E proprio sulle primarie Bersani prima non esclude la presenza del sindaco di Firenze nella sua squadra di governo. Poi annuncia che saranno di coalizione e con il doppio turno «perché è un diritto-dovere essere legittimato dalla maggioranza più uno di chi andrà a votare».
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