Bersani vuole Sel, ma chiude a Di Pietro

RomaSolo «chiacchiere», che provocano inutile «confusione», perché «non si può parlare di voto con questa legge elettorale»: il segretario del Pd chiude nettamente la porta allo scenario di elezioni anticipate in autunno per dare legittimazione politica ad una nuova “grande coalizione” e ad un possibile Monti bis.
E aggiunge, in un video-messaggio inviato alla festa dei Giovani democratici e anticipato ieri, un passaggio significativo sul futuro: «Se siamo arrivati a questo punto, bisogna capire che la riscossa adesso deve essere politica e affidata largamente alla nuova generazione», e che «bisogna avere istituzioni democratiche rappresentative, non può esserci una tecnocrazia lontana mille anni luce da noi».
Bersani parla dell'Unione europea e di come deve affrontare la sua crisi, «con la solidarietà e gli strumenti che i progressisti stanno proponendo», ma è chiaro che le sue parole vanno lette anche rispetto alla situazione interna italiana: il leader Pd resta fermo nella sua convinzione che, dopo il voto, ci debba essere un governo «politico» e non tecnocratico, con una maggioranza che si fondi su un programma «progressista» che metta l'Italia in sintonia con la Francia di Hollande. Dunque, come spiega un dirigente di Sel molto vicino a Vendola e fautore dell'alleanza con il Pd, «anche Bersani è convinto che al voto si debba andare con una coalizione ancorata alla sinistra europea e in netta discontinuità con la logica emergenziale del governo Monti», e ne è convinto «sia per ragioni di principio che per motivi più personali: se va al voto con noi e con un premio di coalizione ha qualche chance di essere il futuro premier, se deve allearsi con Casini, Fini, Montezemolo e compagnia no». Un nuovo centrosinistra, spiega ancora il dirigente vendoliano, che può vedere attorno a Pd e Sel anche altri «soggetti e movimenti» della società civile, ma non Di Pietro: «Il quale, peraltro, sta cercando di farsi imbarcare da Grillo in un listone anti-politica, ed è pronto ad abbandonare al proprio destino l'Idv e i suoi dirigenti», tra i quali infatti cresce la fronda anti-Tonino. Alla necessità di aggregare «energie nuove» a questa futuribile alleanza di sinistra fa riferimento anche Giuliano Pisapia, che in una intervista a Repubblica rifila una semi-bocciatura a Bersani, invitando il centrosinistra ad «andare oltre la demagogia certa» di Grillo e Di Pietro ma anche oltre «l'usato sicuro» rivendicato dal segretario Pd. E infatti Pisapia propone di dare uno sbocco elettorale ad una «terza anima» (o lista) della coalizione, tenendo insieme sindaci della nuova generazione, associazionismo, volontariato e persino «ministri del governo Monti che non hanno condiviso completamente alcuni dei suoi provvedimenti». Il riferimento, non troppo velato, è a Fabrizio Barca, con cui il sindaco di Milano è da tempo in crescente sintonia e che gli piacerebbe vedere alla testa di questa operazione. Un volto nuovo, ma anche una personalità già sperimentata nella difficile prova del governo della cosa pubblica; e un'ipotesi che desta più di qualche preoccupazione nel Pd, tanto più se dovesse concretizzarsi in future primarie di coalizione. Che comunque non possono essere ipotizzate finché non sia chiaro con che legge si andrà al voto: per il momento, assicurano tutti, lo stallo è totale.

Il Pd dà la responsabilità alla «confusione inconcludente» del Pdl, che pure c'è. Ma anche Bersani non sembra disponibile a cedere sui punti chiave: premio di coalizione e non di partito, e no alle preferenze. E la paralisi allontana ogni idea di voto anticipato.

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